giovedì 21 ottobre 2010

Buddismo Theravada

Il Theravada (sanscrito: sthaviravada), letteralmente “l’Insegnamento degli Anziani” è la più antica scuola buddhista sopravvissuta. La scuola Theravada deriva dal gruppo Vibhajjavada che emerse dal gruppo Sthavira al tempo del Terzo Concilio Buddhista (intorno al 250 AC), durante il tempo del Re Ashoka.

Il Theravada promuove la dottrina del Vibhajjavada, letteralmente “l’Insegnamento dell’Analisi”. Secondo questa dottrina la corretta visione, l’insight, deriva dall’esperienza del praticante, dall’analisi critica e dalla ragione, piuttosto che dalla fede cieca; ciononostante, secondo la tradizione delle scritture Thera è anche fondamentale seguire i consigli dei saggi, essendo questi ultimi, insieme alla valutazione delle proprie esperienze, i due “test” per poter giudicare la propria pratica.

Nel Theravada, la causa dell’esistenza umana e della sofferenza (dukkha) viene identificata nel desiderio (tanha), oltre alle altre afflizioni come la rabbia, l’avversione, l’orgoglio, la gelosia, l’invidia, la paura, la passione, l’irritazione, l’ansietà, la distrazione ecc.. Si crede che queste afflizioni siano abitudini che derivano dall’ignoranza (avijja) che oscura la mente di tutti gli esseri non illuminati. Ignoranza di cosa? Delle tre verità di ogni fenomeno samsarico, ovvero sofferenza (dukkha), impermanenza (anicca) e mancanza di sé (anatta). Tutte le cose infatti sono caratterizzate dalla sofferenza e dall’insoddisfazione; persino la realizzazione dei nostri più intimi desideri è destinata ad essere insoddisfacente, proprio perché niente è permanente, persino la più minuta molecola. Tutte le cose inoltre sono senza un sé, ovvero prive di un’esistenza ultima. Gli esseri non illuminati invece prendono le proprie afflizioni come un “sé”, attaccandosi ad esse a causa dell’ignoranza della verità.

Per essere liberi dalla sofferenza e dallo stress queste afflizioni devono essere permanentemente sradicate. Ciò è possibile tramite il Triplice Addestramento nella Moralità (Sila), Concentrazione (Samadhi) e Saggezza (Panna), e la pratica del Nobile Ottuplice Sentiero.


Nobile Ottuplice Sentiero

Primo Nobile Sentiero: Retta Visione

La Retta Visione consiste nella conoscenza, dapprima teoretica, e poi assimilata attraverso la pratica, delle 4 Nobili Verità. Nel Mahasatipattana Sutta, uno dei più importanti discorsi di Buddha Shakyamuni nel Theravada, è scritto: “E cosa è, o monaci, la Retta Visione? Comprendere la sofferenza, comprendere l’origine della sofferenza, comprendere la fine della sofferenza e comprendere la via che conduce all’estinzione della sofferenza: questa è chiamata Retta Visione”

Secondo Nobile Sentiero: Retta Intenzione

Tradotto anche come “retto pensiero”, si riferisce principalmente alla ferma risoluzione di rinunciare al ciclo delle rinascite abbandonando l’avidità, la malevolenza e l’offuscamento mentale. Nel Magga-Vibhanga Sutta è scritto: “E cos’è il Retto Pensiero? Essere risoluti nella rinuncia, nella libertà dalle cattive intenzioni, nell’innoquità: questo è chiamato Retto Pensiero”.

Terzo Nobile Sentiero: Retta Parola

Si tratta di una serie di precetti sull’uso del linguaggio. Bisogna astenersi dal dire il falso per vantaggio proprio o altrui, dal seminare discordia, dal rivolgersi ad altri in modo aggressivo o scortese, dall’intrattenersi su argomenti futili e insulsi (principalmente il gossip). “E cos’è la retta parola? Astenersi dal mentire, astenersi dalla parola che divide, astenersi dalla parola offensiva, astenersi dalle chiacchiere oziose: questa, o monaci, è la Retta Parola”

Quarta Nobile Sentiero: Retta Azione

La Retta Azione, tradotta anche come “retta condotta”, implica il modo corretto in cui il praticante buddhista dovrebbe comportarsi nella propria vita quotidiana. “E cos’è la retta azione? Astenersi dal prendere la vita, dal rubare, e dal rapporto sessuale scorretto. Questa è chiamata Retta Azione”. Il quarto Nobile Sentiero viene spesso spiegato attraverso i Cinque Precetti, voti che il praticante buddhista laico prende:

1- Astenersi dall’uccidere. Include l’essere il mandante di essa o approvarla, l’istigazione al suicidio e l’aborto.

2- Astenersi dal prendere ciò che non ci viene dato

3- Astenersi dal cattivo comportamento sessuale, particolarmente la violenza sessuale e l’adulterio, guardando alle donne non qualificate per il rapporto come madri, sorelle o figlie in base all’età

4- Astenersi dalla menzogna

5- Astenersi dalle sostanze intossicanti (alcol, droghe..)


Quinto Nobile Sentiero: Retta Vita

Tradotta anche come “retti mezzi di sostentamento”, si basa principalmente sul concetto di ahimsa (non violenza), ed essenzialmente afferma che bisogna astenersi da occupazioni che, direttamente o indirettamente, causano danno agli esseri. “Oh Monaci, un praticante laico non dovrebbe impegnarsi in cinque tipi di commerci. Quali cinque? Commercio di armi, commercio di esseri umani, commercio di carne, commercio di intossicanti, commercio di veleni”

Sesto Nobile Sentiero: Retto Sforzo

Il Retto Sforzo, che implica essenzialmente lo sforzo continuato nel mantenere la propria mente libera da quei pensieri che potrebbero ostacolare la pratica degli altri elementi dell’Ottuplice Sentiero, è quella disciplina mentale che opera in quattro direzioni: onde evitare l’insorgere di afflizioni non ancora sorte, abbandonare le afflizioni già sorte, propiziare il sorgere di virtù non ancora sorte e incrementare le virtù già sorte.

Settimo Nobile Sentiero: Retta Consapevolezza

La Retta Consapevolezza è costituita dalla pratica della Vipassana che, insieme alla Concentrazione, è la principale pratica di meditazione nel Theravada. Essa consiste essenzialmente nell’osservazione di tutti i fenomeni che accadono nel corpo e nella mente, ed ha quattro oggetti di osservazione: il corpo, le sensazioni, la mente e i dharma (in questo contesto ci si riferisce ai fenomeni mentali). Grazie alla corretta consapevolezza la mente si purifica dai suoi veli oscuratori, vedendo la vera natura delle cose, insoddisfacente, impermanente e vuota di sé. Grazie a ciò è possibile raggiungere la Liberazione

Ottavo Nobile Sentiero: Retta Concentrazione

Il Buddha spiega la Retta Concentrazione nei termini dei 4 jhana (dhyana in sanscrito). La base da cui è possibile realizzare i jhana è generalmente costituita dall’anapanasati, la concentrazione sul respiro. Prima dei jhana si entra in un pre-stadio caratterizzato dall’abbandono dei Cinque Ostacoli (desiderio sensuale, malevolenza, torpore, agitazione, dubbio). Questo pre-stadio è uno stato instabile dove la mente è concentrata sul proprio oggetto, ma non come nello stato di piena concentrazione (jhana), dove si assiste ad un livello nettamente diversi di consapevolezza, in cui la mente non funziona nel livello sensoriale ordinario. In questo pre-stadio alcuni meditatori possono sperimentare immagini mentali molto vivide simili ai sogni, oppure avere la sensazione che il proprio respiro o il proprio corpo sparisca lasciando pura consapevolezza. Quando questi fenomeni accadono non bisogna esserne interessati o spaventati, ma bisogna continuare la meditazione. Quando si supera questo pre-stadio si entra nei 4 stadi di piena concentrazione (Jhana):

1- Primo Jhana: in questo stadio appare una forma di beatitudine (formata da gioia e felicità). Solo i movimenti mentali più sottili rimangono. L’abilità di creare intenzioni malvagie cessa.

2- Secondo Jhana: in questo stadio i movimenti mentali sottili cessano. Rimane la beatitudine. Cessa anche l’abilità di creare intenzioni positive

3- Terzo Jhana: in questo stadio cessa l’aspetto gioioso della beatitudine, ma rimane comunque uno stato di felicità

4- Quarto Jhana: cessa anche la felicità, entrando in uno stato che non è caratterizzato né dal piacere né dal dolore. E’ uno stato di perfetta purezza e equanimità. Il respiro cessa temporaneamente.
Con il quarto Jhana si dice che incominci l’acquisizione dei poteri paranormali, ma non è questo lo scopo della meditazione. Lo scopo della realizzazione della piena concentrazione è di rinforzare e raffinare la mente, in modo tale da poterla dirigere con chiarezza ai fenomeni realizzandone la natura.


I Livelli di Realizzazione


Attraverso la pratica, i praticanti possono raggiungere 4 livelli di realizzazione, che riflettono il loro stato mentale:

1- L’entrato nella corrente (sotapanna): sono entrati nella corrente del Dhamma, hanno distrutto le prime tre catene (falsa visione del sé, dubbio, attaccamento ai riti e ai rituali), non rinasceranno nei reami inferiori, e al massimo impiegheranno 7 vite per raggiungere la Liberazione.

2- Il ritornato una volta (sakadagami): oltre ad avere eliminate le tre catene hanno anche diminuito l’attaccamento sensuale e l’avversione. Raggiungeranno la Liberazione al massimo dopo essere tornato ancora una volta nel mondo.

3- Il Non Ritornato (anagami): hanno eliminato le cinque catene (falsa visione di sé, dubbio, attaccamento ai riti, attaccamento sensuale, avversione), ma non sono ancora liberi dall’attaccamento ai jhana, da una forma sottile di orgoglio, dall’agitazione e dall’ignoranza. Alla morte loro non rinasceranno in questo mondo, ma in un mondo celestiale dove raggiungeranno la Liberazione

4- Il Liberato (Arahant): coloro che hanno realizzato il Nibbana, lo stato senza morte in cui le afflizioni sono completamente cessate. Il Nibbana si suddivide in quello con “residuo”, quando l’Arahant è ancora vivo, ed ha quindi il residuo dei cinque aggregati (che quindi possono essere il sostrato di forme di sofferenza fisica, ma non mentale), e quello “senza residuo”, dopo la morte.


Scritture

Le scritture sacre del Theravada, il Canone Pali, sono chiamate Tripitaka, in quanto formate da Tre Canestri: il Vinaya Pitaka, il Sutta Pitaka e l’Abhidhamma Pitaka. Il primo tratta delle regole di condotta monastiche, il secondo è l’insieme dei testi che trattano della storia e delle parole del Buddha, e l’ultimo comprende gli insegnamenti più filosofici, psicologici e metafisici. Essi vengono fatti corrispondere ai Tre Addestramenti: il Vinaya alla Moralità (Sila), i Sutta alla Concentrazione (Samadhi), e l’Abhidhamma alla Saggezza (Panna). Secondo l’opinione di buona parte degli studiosi l’Abhidhamma fu aggiunto successivamente in quanto sembra che al Primo Concilio Buddhista erano presenti solo due Pitaka. In ogni caso i primi testi vennero scritti nel primo secolo avanti cristo, essendo tradizione di quei tempi trasmettere gli insegnamenti in modo orale. La porzione dei Sutta e del Vinaya del Tripitaka mostra una sovrapposizione considerevole con l’insieme dei testi usati dalle scuole non-theravada che vanno a formare il Canone Cinese e Tibetano. L’Abhidhamma usato nel Theravada invece non è riconosciuto nel Mahayana. Per contro, i Sutra Mahayana non sono riconosciuti dal Theravada. Nel quinto secolo dopo Cristo fu Buddhaghosha a scrivere il primo commentario al Canone Pali, il Visuddhimagga (il Sentiero della Purificazione).

Un grazie per questo sunto a Marco Scarinci

mercoledì 20 ottobre 2010

ICONOGRAFIA DEL BUDDHA

Sono stata sempre affascinata dalle immagini in cui è ritratto Buddha, esistono 4 posizioni basilari del Buddha:
- Il Buddha in piedi
- Il Buddha seduto
- Il Buddha che cammina
- Il Buddha sdraiato
Le prime tre sono associate alla vita quotidiana del Buddha (insegnamento, meditazione, offerta di un riparo ai discepoli, mentre l'ultima si rifà agli ultimi momenti trascorsi sulla terra, quando raggiunse il nirvana.
Queste posture si associano a posizioni di mani e piedi e creano i comportamenti (mudra)indicanti i temi fondamentali del buddhismo.
Abhaya Buddha è il Buddha in piedi con una mano alzata e simboleggia l'offerta di protezione del Buddha ai suoi seguaci e la liberazione dalle paure.
Bhumisparsa rappresenta il Buddha in posizione seduta con la mano sinistra appoggiata sul grembo e la mano destra appoggiata al suolo, è l'immagine più diffusa e conosciuta. Questa posizione simboleggia un passaggio importante della vita del Buddha, quando l'asceta sedeva in meditazione sotto un albero Bodhi a Bodh Gaya in India, e si rifiutava di muoversi per raggiungere l'illuminazione. Mentre Mara, l'equivalente buddhista di Satana, lo tentava con donne e feste, Buddha toccava la terra, chiedendo alla natura di sostenere la propria determinazione e aiutarlo a resistere. Subito dopo raggiunse l'illuminazione.
Dhyana, entrambe le mani sono appoggiate sul grembo e i palmi sono rivolti verso l'alto, con la mano destra sopra la sinistra: simboleggia la meditazione.
Vitarka o dhammachakka, questo mudra rievoca il primo sermone del Buddha, con il pollice e l'indice di una mano (vitarka) o di entrambe le mani (dhammachakka) si uniscono a cerchio mentre le altre dita sono tese verso l'esterno.
Invocazione della pioggia sui campi di riso, Buddha in piedi con braccia tese lungo i fianchi con i palmi appoggiati sulle cosce .

martedì 5 ottobre 2010

LE OTTO STROFE DELLA TRASFORMAZIONE DEL PENSIERO

1. Poichè sono determinato a ottenere il massimo benessere per tutti gli esseri, che sono superiori alla gemma che esaudisce i desideri avrò costantemente cura di loro che di me stesso.
2. Quando sono in compagnia di altre persone, considererò me stesso come il meno importante, e nel profondo del cuore mi prenderò cura di loro, come se fossero gli esseri più elevati.
3. Esaminando con attenzione la mia mente, in tutte le azioni che compio affronterò ed eliminerò al suo primo apparire ogni difetto mentale, prima che possa nuocere a me stesso e agli altri.
4. Quando devo affrontare un essere malvagio preda di intense sofferenze e gravi mancanze, mi terrò caro un simile individuo, così raro a trovarsi, come se avessi scoperto un prezioso tesoro.
5. Quando altri, dominati dalla gelosia, mi maltrattano, mi insultano e così via, accetterò le loro dure parole e offrirò loro la vittoria.
6. Quando qualcuno che ho aiutato e in cui ho riposto grandi speranze mi infligge un danno estremamente grave, considererò costui il mio supremo maestro spirituale.
7. In breve, offrirò i benefici e la felicità a tutte le madri esseri senzienti, sia in questa vita sia nelle future, e in segreto prenderò su di me ogni male e ogni sofferenze delle mie madri.
8. Inoltre, non avendo contaminato tutto ciò con le inpurità degli otto sentimenti (mondani), e percependo ogni fenomeno come illusorio, privo di attaccamenti mi libererò
dalla schiavitù (dell’esistenza condizionata).

Testo tratto da
 Cambiare la mente, consigli di un maestro spirituale - Ghesce Rabten e Ghesce Dharghie

INCONTRI DI MEDITAZIONE

Ho già parlato nei post precedenti del monastero santacittarama in provincia di Rieti.
Tra gli incontri di questo mese:
  1. 17 OTTOBRE - meditazione guidata per principianti ore 15.30-17.30
  2. 20 OTTOBRE - conferenza a Rieti ore 17.00 Ajahn Chandapalo parlerà della prospettiva buddhista sul tema della sofferenza
  3. 23 OTTOBRE - ore 13.00 Cerimonia di Noviziato di Anagarika Giovanni
  4. 24 OTTOBRE - ore 10.30 - 15.00 KATHINA cerimonia di offerta. Cerimonia dove si riafferma il reciproco sostegno tra monaci e laici buddisti. E consigliabile arrivare per le 10:30, dato che il programma avrà inizio alle 10:45 con l'offerta di riso nelle ciotole del Sangha, cui farà seguito il pranzo comunitario. Dopo una pausa per riordinare la cucina, la cerimonia ricomincerà nel tendone verso le 12:30 con la richiesta dei Rifugi e Precetti, canti di buon auspicio, l'offerta rituale della stoffa e altri doni e, per finire, un discorso di Dhamma. Chiunque desideri sapere ciò che potrebbe essere utile portare può consultare questa lista
Per informazioni utili su come ci si comporta in un monastero e su cosa portare per condividere con la comunità vi rimando al link del monastero www.santacittarama.it


MASTER COORDINAMENTO UNIVERSITA' UNITELMA

La grande assenza di questo periodo è dovuta al conseguimento del titolo di coordinatrice. Ho frequentato l'Università Telematica Unitelma di Roma, un master svolto in modalità e-learning in quanto con due ragazzini piccoli mi era impossibile seguire le lezioni in modalità frontale.
Il master non mi ha entusiasmato molto, la modalità e-learning è molto impersonale, siamo agli inizi di questa nuova modalità di apprendimento e penso che le università telematiche dovranno crescere ancora un pò per arrivare a standard di qualità eccellenti. Per chi ha poco tempo e vuole (seriamente) conseguire un titolo e aggiornarsi però, per ora, sono una valida alternativa.
Dovrebbero essere strutturati un pò meglio, prevedere incontri un  pò più ravvicinati almeno con i tutor che ti seguono per il PW, dotarsi di foto dei docenti, e avere docenti qualificati per la disciplina che si sta studiando (come ad esempio più personale infermieristico e coordinatori).
Cmq non mi lamento, è stata una bella esperienza e spero presto di ripeterla con un master in area critica.

venerdì 27 agosto 2010

CHI E' L'INFERMIERE 2 PARTE

L'infermiere è colui che ti accoglie quando entri in ospedale, che ti da un letto rifatto ogni giorno, che veglia su di te quando dormi e quando tutto il resto del mondo dorme, che ti distribuisce il vitto, ti accudisce, coglie ogni cambiamento del tuo stato di salute o emotivo, che corre quando tu chiami, è colui che si fa carico di tutto il lavoro della corsia anche con uno stipendio che è uguale a quello di un portantino, che ricorda al medico chi sei e cosa hai e cosa hai in programma di fare, ma soprattutto è colui che conosce il tuo nome a  volte anche la tua storia e le tue confidenze, per lui non sei un drg stampato su un foglio che porta guadagno.
Senza di lui non prenderesti le medicine, non faresti prelievi, non metteresti flebo.
Quando manca il personale di supporto si fa anche da personale delle pulizie, centralinista, elettricista, idraulico, segretaria e  caposala.
Senza di lui il medico non saprebbe dove mettere le mani in reparto, dove prendere le informazioni sulla tua salute, dove trovare fogli, cartelle cliniche e i vari strumenti di cui hai bisogno durante il tuo ricovero.
Se c'è uno sciopero c'è sempre un infermiere che è precettato per poter correre in caso tu avessi bisogno di aiuto e organizza tutta la giornata come un normale giornata lavorativa e non solo le urgenze!!
L'infermiere è anche colui al quale non viene riconosciuto il lavoro usurante, non vengono pagati gli straordinari, non ha il personale di supporto che lo aiuta in quei compiti che può delegare, al quale gli viene bloccato lo stipendio per i prossimi tre anni, che viene classificato come "fannullone" da Brunetta quando invece si fa in quattro per far quadrare tutta la sanità ospedaliera e fa turni massacranti perchè la nuova finanziaria non rimpiazza gli infermieri mancanti.
Se volete l'infermiere è anche colui che se gli metti una scopa nel culo ti pulisce anche i pavimenti, ma per il codice deontologico è solo il responsabile dell'assistenza infermieristica.
Da un'infermiera incazzata!

mercoledì 25 agosto 2010

CHI E' L'INFERMIERE...


Dopo un pò di meritata vacanza (per modo di dire, visto che con 2 bimbi piccoli è un pò difficile fare vacanza!), eccomi qui di ritorno al mio blog... In questi giorni mi sono chiesta se la gente sa veramente chi è e cosa fa l'infermiere. Ho letto di un'associazione nata da poco tempo ma che opera da diversi anni nel territorio di Monza, di nome NURCITY - gli infermieri incontrano la città (chi volesse saperne di più può visitare il sito internet www.nurcity.it) che si prefige come obiettivo quello di far conoscere questa professione alla società, soprattutto ai ragazzi delle superiori, in modo da poter orientare meglio quelli che un giorno potrebbero essere gli infermieri di domani. Un'ottima iniziativa, e dovrebbero essere molte di più le iniziative di questo genere per poter far conoscere alla gente quello che realmente fa un infermiere, cosa rappresenta nella realtà sociale e sanitaria di oggi, non più il lava padelle o lo "spala merda" di un tempo, ma un vero professionista responsabile della salute dell'uomo e della società.
Su questo neanche il nostro caro Collegio ci da una mano con definizioni scarne  e di poco impatto sociale, infatti  il nuovo codice deontologico del 2009 definisce l'infermiere come il professionista sanitario responsabile dell'assistenza infermieristica, e cosa sarebbe questa assistenza infermieristica?? Io che sono infermiere lo so, ma chi non è del settore, un comune cittadino che vuole sapere cosa sia un infermiere oggi e si trova davanti a questa definizione riesce a comprendere cosa è e cosa fa l'infermiere?? Anche lui penso poteva tirar fuori una risposta del genere da solo. Così all'art. 2 del suddetto codice si da una spiegazione di cosa sia questa così importante assistenza infermieristica: "L’assistenza infermieristica è servizio
alla persona, alla famiglia e alla collettività.Si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari
di natura intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa." tutte grandi parole...ma stringendo, venendo al nocciolo della questione, cosa è questa assistenza infermieristica?
Non è una definizione che riesce a spiegare il processo di anni ed anni di cambiamenti.
...continua

mercoledì 28 luglio 2010

ACRONIMI NELL'EMERGENZA SANITARIA

In un bel sito di emergenza sanitaria ho scovato alcuni acronimi più conosciuti degli operatori del soccorso e ve li riporto, io molti di questi nn li conoscevo mica...c'è sempre da imparare.


Per ricordare i farmaci che possono essere somministrati nel tubo tracheale: ALAN
A - Adrenalina
L - Lidocaina
A - Atropina
N - Naloxone



Per ricordare il trattamento farmacologico dei pazienti  colpidi da sindrome coronarica acuta: MANO
M - morfina
A - Aspirina
N - Nitroglicerina
O - Ossigeno


Per ricordarsi il posizionamento delle periferiche di un ECG partendo dal braccio sx: GIRONEVE
GIALLO -braccio sinistro
ROSSO - braccio destro
NERO - gamba sinistra
VERDE - gamba destra


Per ricordarsi i principali sintomi delle tachi o bradiaritmie: ODDIO
O - Obnubilamento
D - Dispnea
D - Desaturazione
I - Ipotensione
O - Oliguria


Per ricordare i principali segni dello stroke: FAST
F - Face: chiedere alla vittima di sorridere e valutare la deviazione della rima buccale
A - Arm: chiedere di alzare le braccia e valutare il deficit motorio
S - Speech: chiedere di pronunciare una frase semplice e valutare se riesce a farlo senza difficoltà
T - Time: Valutare i tempi di insorgenza dei sintomi



Per la valutazione del dolore, specialmente quello toracico:OPQRST
O - onset, origine del sintomo
P - pallation provocation, provocato o attenuato da sforzo, riposo, digitopressione, respiro, farmaci
Q . Quality: dolore oppressivo, costrittivo, continuo o intermittente...
R - Radiation. irradiazione del dolore
S -severity, intensità del dolore
T - time, tempo di insorgenza



GAS: GUARDA, ASCOLTA, SENTI
durante la valutazione della respirazione il soccorritore deve guardare l'espansione del torace, ascoltare eventuali rumori respiratori, sentire il flusso dell'aria espirata dal paziente

MOTORE: MOvimenti, TOsse, REspiro: sono i segni di circolo da ricercare, insieme alla valutazione del polso carotideo e della presenza di atti respiratori normali, nel paziente non cosciente in cui si sospetta un arresto cardiorespiratorio.



DOPES: acronimo per verificare il corretto posizionamento del tubo endotracheale. 
Dislocazione del tubo (esofago, intubzione selettiva)
Verificare, ritirare il tubo o reintubare
Ostruzione del tubo (sangue, secrezioni, corpi estranei)
Aspirare
Pneumotorace
Decompressione
Equipaggiamento difettoso
Sostituire l'equipaggiamento e ventilare con BVM
Stomaco pieno di aria
Posizionare un sondino naso o oro-gastrico

mercoledì 21 luglio 2010

OM MANI PADME HUM



Questo è il mantra di Avalokiteshvara, il mantra più recitato e conosciuto anche dai non buddhisti. Può essere recitato per lunghi periodi di tempo, sgranando il mala, il rosario buddhista, durante la vita comune o la meditazione.
Om Mani Padme Hum viene recitato per ottenere la liberazione, quindi la pace e la libertà dalle sofferenze, e si dice che sia così potente che anche un animale sentendolo otterrà una rinascita umana e quindi la possibilità di conoscere il dharma e raggiungere l'illuminazione. Il mantra non ha un significato letterale come frase compiuta, bensì hanno significato le sei sillabe che lo compongono.

Om è composta da tre lettere: A, U e M. Queste simbolizzano il corpo, la parola e la mente impuri del praticante all'inizio del suo sentiero verso la liberazione. Alla fine del sentiero, simbolizzano il corpo, la parola e la mente puri di un Buddha.
Quindi, al tempo stesso, Om indica la possibilità che vi sia una trasformazione dall'impurità alla purezza: il sentiero della liberazione.

Mani, due sillabe, significa "gioiello", simbolizza la bodhicitta, cioè l'intenzione altruista di raggiungere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Padme, due sillabe, significa "loto", simbolizza la saggezza, la conoscenza. La comprensione dell'impermanenza, della vacuità, dell'interdipendenza, la conoscenza che recide ogni illusione e offuscamento. Mani Padme è anche l'epiteto di Avallokitesvara.

Hum chiude il mantra nella perfezione, come pure anche molti mantra, e significa " concedi" la mente onniscente e le realizzazioni, e simbolizza l'indivisibilità di metodo e conoscenza, di compassione e saggezza.

Le sei sillabe del mantra significano che con la pratica di un sentiero che sia l'unione di metodo e saggezza è possibile trasformare corpo, parola e mente impuri nel corpo, nella parola e nella mente puri di un Buddha. La Buddhità, la natura del Buddha, è all'interno di ciascuno di noi così come è all'interno del mantra Om Mani Padme Hum.

La frase intera ha anche il significato di : " O gioiello sul fior di loto, concedimi tutte le realizzazioni" oppure " Concedimi l'ispirazione per ottenere l'unione di metodo e saggezza".

Si racconta che molti anni fa mille prìncipi fecero voto di diventare Buddha. Uno solo riuscì a raggiungere l'illuminazione e divenne il Buddha che noi conosciamo come Gautama Siddharta. Avaloketeshvara tuttavia fece voto di non entrare nel Nirvana fino a quando tutti gli altri prìncipi non fossero diventati loro stessi dei Buddha. Nella sua infinita compassione fece anche voto di liberare tutti gli altri esseri senzienti dalla sofferenza dei vari regni del Samsara. Prima di ciò il Buddha pregò: "Possa aiutare tutti gli esseri ma se mi dovessi stancare di questo enorme lavoro il mio corpo dovrà essere frantumato in mille pezzi".
In primo luogo si dice sia disceso nel regno dell'inferno risalendo gradualmente attraverso il mondo dei fantasmi affamati e più in alto sino al regno degli Dei. Da quel punto gli capitò di guardare in basso e vide stupefatto che, anche se aveva salvato innumerevoli esseri dall'inferno ancora una maggior numero vi si stava riversando. Fu un immenso dolore e per un momento perse la fede nel suo nobile voto ed il suo corpo esplose in mille pezzi. Nella sua disperazione chiamò in aiuto tutti i Buddha. L'aiuto si manifestò e venne da ogni parte dell'universo, come dice un testo, sotto forma di leggera tormenta di fiocchi di neve. Con il loro immenso potere i Buddha lo ricomposero nella sua completezza e da allora Avalokiteshvara ebbe undici teste e mille braccia e sul palmo di ogni mano vi era un occhio a significare quell'insieme di saggezza e nobiltà che contraddistinguono la vera compassione. In questa forma era ancora più splendente e più forte per poter aiutare tutti gli esseri. La sua compassione si sviluppò ancora più intensamente ripetendo questo voto davanti ai Buddha: " Non potrò uscire dal Samsara sino a quando tutti gli esseri senzienti non avranno raggiunto l'illuminazione". Si dice che per il dispiacere ed il dolore del Samsara dai suoi occhi sgorgarono due lacrime, con la benedizione dei Buddha si trasformarono in due Tara. Una Tara nella forma verde che rappresenta la forza attiva della compassione e l'altra Tara nella forma bianca che rappresenta l'aspetto materno della compassione. Tara significa "Colei che libera - Colei che ci accompagna attraverso l'oceano del Samsara".
Nel Mahayana Sutra vi è scritto che Avaloketeshvara ha donato il suo Mantra al Buddha e Buddha, a sua volta, gli ha assegnato il suo speciale e nobile incarico di aiutare tutti gli esseri dell'universo a raggiungere l'illuminazione. In quel momento su di loro discesero fiori, la terra tremò e nell'aria echeggiò il Mantra "OM MANI PADME HUM".

LA DOCUMENTAZIONE INFERMIERISTICA



Oggi, quando si parla di documentazione infermieristica, ci si riferisce principalmente alla cartella infermieristica.
Infatti secondo la definizione di Rodriguez  la documentazione infermieristica che entra a far parte della cartella clinica (ovvero la cartella infermieristica) è la rappresentazione in forma scritta degli atti compiuti dagli infermieri in relazione ad una determinata persona, dei rilievi effettuati sulla medesima, delle informazioni raccolte, nonché dei dati di carattere progettuale inerenti la pianificazione dell’intervento assistenziale di competenza infermieristica e delle connesse valutazioni.
La documentazione è importante per:
Definire gli aspetti centrali dell’assistenza infermieristica;
Contribuire alla qualità dell’assistenza;
Contribuire alla trasparenza del trattamento sanitario;
Differenziare le responsabilità;
Fornire i criteri per la revisione e la valutazione dell’assistenza;
Fornire i criteri per la classificazione dei clienti;
Fornire dati per revisioni amministrative o legali;
 Aderire agli standard previsti dalla legislazione o dall’accreditamento;
Fornire dati ai fini di ricerca e sperimentazione.
Il contenuto della cartella infermieristica varia in funzione delle singole realtà operative
e dei loro profili organizzativi. In linea generale le informazioni da riportare nella
documentazione corrispondono alle funzioni contemplate dal DM n. 739/94
Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo
professionale dell’infermiere.

L’evoluzione dell’assistenza, l’affermazione di una maggior centralità della persona nel percorso di cura, l’affermazione del nursing come disciplina autonoma, fanno si che l’infermiere sia sempre più consapevole del ragionamento diagnostico che lo porta ad identificare i problemi della persona, ad ipotizzare un percorso di risoluzione per il bisogno assistenziale e della gestione dell’assistenza del paziente.
La cartella infermieristica è, unitamente alla documentazione medica, parte integrante della cartella clinica che, come definito nel Manuale della Cartella Clinica della Regione Lombardia, è “la raccolta organica e funzionale dei dati attinenti ai singoli casi di ricovero quali, ad esempio, (...) la documentazione dei professionisti sanitari non medici”.
Documentazione infermieristica e documentazione clinica sono dunque due realtà integrate in funzione del fine comune della tutela della salute della persona e della collettività.
L’inquadramento giuridico della cartella infermieristica non è impresa semplice in quanto non esiste una norma specifica che regoli tale documento in modo dettagliato, ma essendo assimilata alla cartella clinica è considerata a tutti gli effetti atto pubblico redatto da pubblico ufficiale.
La nozione  e l’efficacia di atto pubblico sono descritte negli articoli 2699 e 2700 del codice civile come “il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato” e che “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Anche la documentazione infermieristica, essendo parte integrante della cartella clinica, deve assicurare il rispetto dei requisiti richiesti per gli atti pubblici. Tali requisiti si suddividono in sostanziali e formali.
I requisiti sostanziali sono: Veridicità, completezza e precisione, chiarezza e tempestività.
I requisiti formali sono:
Ø  Indicazione del luogo in cui si svolgono gli accertamenti;
Ø  Indicazione della data, ora dell’accertamento;
Ø  Precisazione del nome, cognome e firma di chi esegue le annotazioni;
Ø  Precisazione sulla fonte delle informazioni raccolte circa la storia e i bisogni attuali dell’assistito;
Ø  Intelligibilità della grafia;
Ø  Accorgimenti e cautele in caso di necessità di correzioni di errori materiali.

Alcune regole per una corretta compilazione della documentazione possono essere:
v  Riportare sempre nome, cognome dell’utente, nonché la data che include giorno, mese, anno e ora per tutte le registrazioni;
v  Utilizzare inchiostro indelebile e avere una grafia chiara e comprensibile;
v  Usare un linguaggio e una terminologia tecnica corretta e verificata;
v  Usare simboli e abbreviazioni purché concordati e note da tutto il team sanitario, prevedendo una legenda consultabile;
v  Compilare la documentazione per se stessi, mai per conto degli altri, assumendosi la responsabilità delle proprie registrazioni;
v  Non inserire opinioni personali;
v  Non strappare pagine ne usare scolorine o bianchetti, ma correggere l’errore tracciandovi sopra una linea in modo che sia leggibile e scrivendo la correzione di seguito;
v  Non aggiungere informazioni dimenticate utilizzando spazi ristretti;
v  Non lasciare spazi vuoti tra una registrazione e l’altra;
v  Firmare in modo leggibile,  l’uso di sigle è consentito solo se le stesse sono depositate.
(Stralcio tratto dalla mia tesi per coordinamento)



lunedì 19 luglio 2010

EMOGASANALISI...QUESTA SCONOSCIUTA 2

Sicuramente per lunghi decenni l’argomento è stato presentato allo studio dei profani in modo così complesso ed ostico da scoraggiare spesso anche i più volenterosi.
La introduzione del “logaritmo” e del “pK” nell’equazione di Henderson-Hasselbach disorienta e spaventa chiunque non abbia già dimestichezza con queste grandezze, tanto da scoraggiare qualsiasi tipo di approccio. Nella pratica clinica di tutti i giorni e soprattutto nell'ambito dell'urgenza necessita un approccio per alcuni aspettisemplicistico, tuttavia corretto ed immediato.
L’organismo umano, per effetto del suo metabolismo, produce acidi in continuazione; anzi molti alimenti e bevande che comunemente usiamo sono forieri di acidi, e quindi di idrogenioni (H+); persino la soluzione “fisiologica” è fortemente acida!.
. L’organismo si difende contro le variazioni della concentrazione idrogenionica con i sistemi “tampone”, che, anche se immediati nell’intervento, costituiscono una fonte limitata ed esauribile (circa 2400mMoli). I polmoni intervengono nel giro di pochi minuti; i reni nel giro di diverse ore e completano il loro intervento solo dopo due o tre giorni.
Il pH normale è 7,40 ed oscilla tra 7,35 e 7,45; al di sotto di questi valori andiamo in acidemia, al di sopra in alcalemia. Valori che superano il 7,80 o scendono al di sotto di 6,80 costituiscono un pericolo “mortale”.
 il pH è sostanzialmente dato dal rapporto tra l’attività del rene e l’attività del polmone ( pH = pK + log [HCO3-] / [H2CO3]), ovvero tra la componente metabolica (lenta) e la componente respiratoria (rapida).
Infatti l’H2CO3 non è altro che CO2 sciolta in acqua.
Se però andiamo a riprendere la prima intuizione di Henderson, risalente al 1909, vediamo come essa risulti essere molto più semplice perché al posto del pH si prende in considerazione la concentrazione idrogenionica, che di fatto costituisce il vero problema: [H+] = K x [H2CO3] / [HCO3-]; maggiore è la [H+], maggiore sarà l’acidità; minore è la [H+] minore l’acidità. Il rapporto tra [H+] e acidità diventadiretto e lineare. La concentrazione idrogenionica, e quindi il grado di acidità di una soluzione dipende dal rapporto tra la funzione polmonare e quella metabolica, CO2/HCO3-. Questo concetto è forse più immediato. Infatti più CO2 viene trattenuta,più elevata sarà la [H+] e di conseguenza l’acidemia.

Come approcciarsi alla lettura di un’EGA?
Una lettura cosiddetta “a tappe” può costituire quel giusto metodo per unapproccio semplice, rapido e globale.
Al I step troviamo l’O2
Al primo gradino troviamo la pressione parziale di ossigeno (PaO2). E’ la prima informazione da ricercare perché di ipossia si muore anche in tempi brevi e perché può spiegarci alcuni disturbi dell’equilibrio acido-base. Inoltre ci consente di stabilire in tempi brevissimi, come già accennato in precedenza, un valore di relativa sicurezza che è rappresentato da una PaO2 superiore ai 60 mmHg. Inoltre possiamo derivarne importante informazioni circa lo scambio gassoso del paziente calcolando P/F (PaO2/FiO2) e D(A-a)O2. Il
rapporto P/F che nel soggetto normale che respira in aria ambiente ha un valore superiore a 450, costituisce un indicatore rapido, ma efficace, e cosolidato dalla letteratura, dello scambio intrapolmonare dei gas. Esso infatti, correlando la FiO2, cioè la percentuale di ossigeno inspirata dal paziente, alla risposta in termini di PaO2, consente di evidenziare l'entità dell'effetto shunt intrapolmonare. Analogamente, e per gli stessi motivi,
questo indice può essere utilizzato per monitorare l'efficacia del trattamento ventilatorio e la risposta del paziente ad esso: una PaO2 di 90 mmHg può essere del tutto normale in un paziente che respira in aria ambiente, ma indica uno scambio intrapolmonare del tutto insufficiente se il paziente è assistito con una FiO2 elevata.
La formula per il calcolo della D(A-a)O2 è la seguente: [(760-47) X FiO2] -(PaCO2/0,8) - PaO2. Nel paziente che respira in aria ambiente la suddetta formula può essere così semplificata: 150 - (PaCO2/0,8) - PaO2, e, a grandi linee corrisponde alla formula mnemonica: (età : 4) + 4. Il valore normale di tale indice in aria ambiente è di10-15; valori superiori a 20 indicano l'esistenza di un deficit dello scambio intrapolmonare di O2, mentre valori superiori a 50 sono suggestivi di una grave disfunzione polmonare. L'uso di questo indice non gode degli stessi riscontri in letteratura del P/F; tuttavia, comprendendo nel calcolo il fattore PaCO2, può
costituire un utile ausilio nello screening iniziale di quelle situazioni, come l'embolia polmonare, che si accompagnano ad una sua riduzione. Esso diviene meno attendibile, invece, laddove concomiti ipercapnia.

Al II step troviamo il pH
Sarebbe tutto più lineare se trovassimo la concentrazione idrogenionica, ma per il momento le apparecchiature ci forniscono il pH e pertanto bisogna saper interpretare tale parametro. Il pH ci dice immediatamente se il nostro pz ha una acidemia oppure una alcalemia e costituisce sicuramente l’indicatore più forte dello stato di gravità del nostro pz. La sua lettura ci permette dunque di definire senza nessuna difficoltà la natura del disturbo primitivo.

Al III step troviamo la PaCO2
Il livello della PaCO2 ci permette: 
1.di capire quanto e come ventila il nostro pz(visto che PaCO2 e ventilazione sono inversamente correlate); 
2. di definire prontamente se il disturbo primitivo (responsabile della acidemia o alcalemia) è o meno
respiratorio (acidosi o alcalosi respiratoria).

Al IV step troviamo i bicarbonati (HCO3-)
Quantizzare la riserva alcalina significa poter meglio definire il tipo di disturbo primitivo, qualora la PaCO2 non sia risultata dirimente, (acidosi o alcalosi metabolica).Ma è solo la integrazione dei due dati (PaCO2 e HCO3-) che ci permette di salirel’ultimo gradino della nostra scaletta.

EMOGASANALISI...QUESTA SCONOSCIUTA

Molto spesso, la domanda che gli allievi infermieri pongono più frequentemente  è: "Come si legge un'emogasanalisi??
 Innanzitutto c'è da dire che la pratica dell'EGA è storia recente per l'infermiere, l'abrogazione del mansionario in un primo momento ha creato molti dubbi su quello che l'infermiere poteva e non poteva eseguire. Il parere in merito alla possibilità di eseguire un prelievo arterioso, emanato nella seduta del 23 giugno 2005, nasce da una relazione inviata dall’ “Azienda Sanitaria Locale Latina. Presidio Ospedaliero Nord, UOC di Pneumologia”, con la quale la stessa UOC richiedeva alla Direzione Generale delle Risorse Umane e delle Professioni Sanitarie un parere sul “prelievo emogasanalitico da parte dell’infermiere”. La Direzione in questione inoltrava la richiesta al Consiglio Superiore di Sanità che è organo consultivo del Ministero della Salute.
Il CSS, oltre ad auspicare una omologazione a livello nazionale delle situazioni, esprime parere favorevole all’effettuazione del prelievo arterioso dall’arteria radiale per EGA da parte dell’infermiere, sia in ospedale che in ambulatorio e nell’espletamento di assistenza domiciliare integrata, a condizione che:
l’infermiere ne abbia acquisito la completa competenza secondo le modalità definite dalle vigenti normative;
sia prevista sempre l’esistenza, nella UO o nella struttura sanitaria di riferimento, di un protocollo operativo correttamente redatto, condiviso ed approvato, che sia in grado di: assicurare la buona pratica di tecnica del prelievo arterioso dall’arteria radiale per EGA; garantire l’adozione di ogni utile misura di prevenzione delle complicanze e del necessario trattamento nonché la tempestiva gestione dei rischi connessi.
L'esame consiste in un prelievo arterioso effettuato a livello di polso arterioso (arteria radiale, arteria femorale, arteria brachiale). L'emogas analisi è indispensabile per la diagnosi di insufficienza respiratoria, per valutarne la gravità e seguirne il decorso durante la terapia. L'indagine emogasanalitica è utile anche nella valutazione dei diversi meccanismi fisiopatologici dell' insufficienza respiratoria: l'aumento della pCO2 è infatti espressione di ipoventilazione alveolare.
Permette di misurare i valori di:
  • emoglobina (Hb)
  • ioni idrogeno
  • pO2 60-100 mmHg
  • pCO2 40 mmHg
  • pH 7,35-7,45
Da questi valori, l'analizzatore è poi in grado di estrapolare automaticamente la concentrazione dei bicarbonati nel plasma (normalmente HCO3=21-25 mmol/L), la concentrazione dell'anidride carbonica totale del plasma (TCO2=22-26 mmol/L), la saturazione in ossigeno (SAT=95-99%) e il contenuto totale di O2 nel sangue (O2CT=15-23 vol%).
...continua








venerdì 16 luglio 2010

Il Buddha della Medicina

buddhadellamedicina


Il Buddha della Medicina viene chiamato in tibetano Sanghs-rghie-sman-la (pr.: Sanghye Men La) dove Sanghye è il termine usato per indicare un Buddha, mentre Men La significa guaritore, medico, colui che guarisce. In sanscrito egli viene chiamato «Bhaysaya Guru», che significa proprio «Sviluppatore di guarigione».
Egli è detto anche il «Sovrano dell'acquamarina»: blu è il colore della luce dell'acquamarina e blu è il colore del Buddha della Medicina, che in questo caso corrisponde al colore della guarigione. E siccome il Buddha è completamente guarito, ossia non c'è ombra di malattia nella sua mente, nel suo corpo, nella sua parola, in quanto è un essere Illuminato, egli è appunto chiamato «Signore della luce acquamarina».
Il Buddha della Medicina è chiamato anche «la pura sorgente del lapislazzulo o dell'acqua marina» per indicare proprio la sua natura di pura sorgente di luce.
Uno degli impegni fondamentali presi dal Buddha della Medicina è stato quello di aiutare in modo preciso, senza nessun ordine di dubbio, tutte le persone che reciteranno il suo nome e seguiranno i suoi insegnamenti per la guarigione di se stessi e degli altri nel modo più completo. Questa guarigione potrà estrinsecarsi non solo nel senso della guarigione da una malattia, ma anche, per esempio, nel non far patire situazioni economiche pesanti.
Quando si parla del Buddha della Medicina non si vuole quindi indicare un fenomeno in particolare, ma una «pura essenza» che può essere vissuta da ciascuno: egli rappresenta un livello di illuminazione di totale guarigione e benessere ed è fondamentale capire e meditare profondamente su questo punto.
Secondo la mitologia buddista fu Buddha Shakyamuni a insegnare la medicina nell'attuale ciclo di tempo, nel luogo chiamato Danaduk, il paradiso mistico della medicina: egli insegnò diverse opere mediche (la più importante è quella de «I Quattro Tantra») a vari dei, buddisti e non, ma solo un discepolo, Yi.lay.kyè, comprese interamente l'insegnamento e lo registrò in 5900 versi con inchiostro di lapislazzuli su fogli di oro puro, che le dakini conservarono nel loro palazzo di Uddiyana.
Astrologicamente il giorno del Buddha della Medicina è l'ottavo giorno del mese lunare, e in tale giorno il potere è particolarmente forte.

CHI ERA BUDDHA - un racconto ironico e simpatico

Tratto da  caztumai.splinder.com

La parola Buddha significa "il Risvegliato" o "l'illuminato" tanto per cominciare.
Il Sig. Buddha in realtà si chiamava Siddharta Gautama, nacque nel 566 a.c. e morì a 80 anni nel 486 a.c. nel Nepal meridionale.
La leggenda narra che Buddha sia nato non come tutte le persone normali, sia mai!
Già QUANDO FU CONCEPITO: la mamma (che forse quella sera aveva mangiato pesante) sognò che un elefante bianco, senza farle male le penetrasse in un fianco (giusto in sogno).
Quando NACQUE: non nacque dal solito posto, figuriamoci! Bensì balzò dal fianco della madre, fece 7 passi e disse: "Io sono nato per conseguire il risveglio (bodhi) per il bene del mondo; e questa è la mia ultima nascita"
Io quando sono nata mi hanno cacciato 4 schiaffi nel culo e frignavo come un'ossessa, di sfornare discorsi articolati non se ne parlava certo, al massimo avrò pensato: "ma dove c... sono finita".



Il Buddhabambino cresce, e diventa Buddhamarito e Buddhababbo, finchè un giorno alla tenera età di 30 anni decide di uscire dalle mura del palazzo (direi che poteva anche essere ora), e sai come succede a girare per la strada...qualcuno s'incontra sempre. Infatti.
Incontra:
UN VECCHIO, UN MALATO E UN CADAVERE. Non potendo giocare a Beccaccino a causa delle "avverse condizioni" gli partì la prima lampadina a due candele e giurò; così di punto e in bianco che sarebbe andato in cerca della liberazione dal mondo della sofferenza... bravo, una passeggiata!
Appunto il Buddha diventa errante! Nonstante il suo babbo re glielo sconsigliasse vivamene. Ma lui niente! Zuccone come pochi si da subito ai digiuni e alle mortificazioni di se, quando si accorse che stava per tirare i zampetti, gli si accese un'altra lampadina da 40 candele circa e capì che non era la strada buona per la salvezza.
E' risaputo, la verità stà nel mezzo... o giù di li, e anche Buddha cambia strada e inizia a percorrere il "Sentiero di mezzo" una roba decisamente più moderata, una forma di disciplina che evita gli estremi, tanto dell'indulgenza verso sè quanto della mortificazione di sè. E qui le lampadine accese cominciano a farsi parecchie.
Tanto che a forza di girare, si ferma ai piedi dell' Albero del Bodhi, per gli amici l'albero del risveglio e si piazza li fermo in meditazione in un ultimo disperato tentativo di guadagnarsi la libertà dalla morte e dalla rinascita.
Ed eccolo là! Entra in gioco il cattivo, che detto tra noi come si poteva chiamare? MARA sto qua che avendo tanti figli, sapeva bene la capacità distruttiva che sono in grado di mettere in campo quando ci si mettono, e così  glieli sguinzaglia tutti contro: manda le figlie a sedurlo e i figli a terrorizzarlo.
Ma il nostro Siddarta non cede, medita e si scorda pure di mangiare, si mette a piovere e nemmeno se ne accorge, perfino un cobra ha pietà di lui e gli si pone sopra riparandolo un po' alla meglio che poteva. Fatto sta che all'ultimo tentativo, eccola là arriva l'illuminazione! E si ritrova a saperne a pacchi del Dharma (VERITA' o LEGGE) dell'esistenza umana. Grazie a questa scoperta diventa a pieno titolo un Buddha (risvegliato).
Dopo di che sparge un po' la voce in giro agli amici, vagabonda per l'India settentrionale e predica il Dharma, poi va nella città di Kusinagar fa un ultimo discorso del tipo "Cittadini...ecc", si sdraia tra due alberi e muore.
Frai ben informati del luogo, si vocifera che conseguì il "Nirvana finale", e non dovette più rinascere.
La vita di una persona è costituita da una lunga serie di azioni (KARMA) accumulate nel corso di molte esistenze... un po' come una raccolta a punti, se sei stato bravo ti reincarni nella media borghesia, altrimenti la solita vita di stenti e sacrifici!
Dopo la morte, il corpo del Buddha secondo le sue volontà, fu cremato e le ceneri distribuite come reliquie e conservati in tumuli funerari detti STUPA.
POSTILLA:
Buddha non era considerato un dio, o un essere soprannaturale, bensì un uomo che aveva saputo trovare la risposta ai più profondi dilemmi della vita umana e che aveva messo a disposizione degli altri tale risposta. Senza il bisongo di fondarsi sul concetto di un dio creatore.


Dopo la morte de Buddha si ebbero molte correnti e molte scissioni, la più famosa giunta a noi oggi è la stirpe dei GELUKPA  che alla fine creò il DALAI LAMA che significa letteralmente MAESTRO DELL'OCEANO che Oceano è l'abbreviazione di OCEANO DI SAGGEZZA.
I Buddhisti, oggi oltre a seguire le regole del Buddha che dovrebbero in soldoni essere le dritte per interrompere il processo di morte e rinascita e così la sofferenza, però in aggiunta a tutto questo (che so, se mai non bastasse) non disdegnano anche il potere di spiriti e divinità locali.

martedì 25 maggio 2010

Chissà se ti arriveranno le mie parole...


La crisi del settimo anno esiste, lo posso confermare!
E' ormai un mese che non ci cerchiamo più come prima, litighiamo per un nonnulla, a volte non ci guardiamo neanche più in faccia...colpa di cosa?? di chi???
In questi casi ogniuno scarica la colpa sull'altro e si cercano soluzioni che poi non reggono proprio perchè si è convinti di stare nel giusto e che è l'altro che non ci presta più le attenzioni dovute.
Lo stress di tutti i giorni, i figli che ormai sono diventati due, il lavoro che non si sa come va, i genitori che hanno sempre qualcosa di ridire poi fanno il resto.
Ed ecco qui che ci si ritrova come due sconosciuti nello stesso letto girati di schiena perchè ormai non si ha più nulla da dire se non sputarsi le ultime cattiverie della giornata...
Ma non è stato mai così,
in questi giorni torno a pensare a quanto abbiamo voluto fortemente la nostra storia, a quanto abbiamo lottato per arrivare fino ad oggi, e proprio per questo mi chiedo come mai ora non godiamo di questo, ora che abbiamo due figli fantastici, una casa, un amore da vivere appieno.
Proprio oggi in radio sentivo la canzone di Vasco Rossi "E...", e sono tornata indietro di qualche anno, quando ci siamo conosciuti e Vasco Rossi era la colonna sonora di tutte le nostre giornate, di tutte le nostre fughe e i nostri incontri clandestini, quando seduti in un pub di Miramare cantavamo a squarciagola e mi chiedevi..."vuoi da bere!". Proprio per questo voglio dedicartela quella canzone...
Vieni qui

Tu per me

Te lo dico sottovoce

Amo te

Come non ho fatto in fondo

con nessuno

resta qui un secondo