venerdì 27 maggio 2011

RINGRAZIAMENTI

A volte finisci un turno di lavoro stressato e depresso...ti chiedi ma chi me lo ha fatto fare???
Il signore del letto 1 che ti ha tirato scema con le sue richieste più disparate, quello del letto 2 che aspetta un tubo in gola che tarda ad arrivare perchè finchè non si arriva allo sfinimento fisico non va bene intubare le persone, il signore del letto 3 che ormai ci prende la residenza in rianimazione visto che sono 4 mesi che è li, la signora del letto 4 ieri con una gamba in meno, la signora del letto 5 rianimata gia due volte in 3 giorni e che è spacciata, il signore del letto 6 che con il suo secondo ingresso ha vinto una tracheo nuova di zecca, il ragazzo del letto 7 che ha preso veramente la residenza in rianimazione in quanto apolide e che sta aspettando da un mese un posto in una riabilitazione e quindi è parcheggiato li sempre più attorcigliato su se stesso, il signore del letto 8 con 40 di febbre e la signora del letto 9 con 45 di frequenza respiratoria...
Sono le 20 e finisce il mio turno di pomeriggio, uno come tanti altri, sfinita e scoglionata...
Poi ci sono quei giorni che sei sempre sfinita ma c'è stato qualcuno che  ha risvegliato in te quella forza che mancava, una persona che ringrazia per tutto il lavoro che hai fatto e che ce l'ha fatta a venirne fuori... e li capisci perchè fai questa professione...
Qualche giorno fa è arrivata una lettera dai parenti di una vecchia paziente che dopo un emoraggia cerebrale dove era stata data per spacciata si è ripresa...
A volte noi non riusciamo a capire cosa vede e cosa prova chi è costretto a guardare il proprio caro in un letto di rianimazione, ma la poesia che la figlia di questa signora ci ha inviato fa riflettere molto

I TUBICINI INTORNO A TE
INTRECCI DI FILI COME RICORDI NELL'ANIMA
IL TUO SGUARDO DOV'E?
A RINCORRERE I SOGNI E LE SPERANZE DI IERI
O A LEGGERE IL LIBRO DEI RICORDI DENTRO ALL'ANIMA
TI PARLO
NON SENTI
FORSE SEI GIA A SEGUIRE IL TUO VOLO
O FORSE FINGI DI NON SENTIRE E DI NON VEDERE
LE LACRIME COSTRETTE DA UN NODO ALLA GOLA
NON SEI PIU' TU
NON SONO PIU' IO
QUANDO INSIEME RINCORREVAMO GLI AQUILONI
TI SISTEMO IL CUSCINO
MENTRE DIETRO AL VETRO DELLA FINESTRA
STA SPUNTANDO IL SOLE
LA VITA DI SEMPRE
LA NOTTE E' DENTRO ME
CI SARA' MAMMA UN'ALTRA PRIMAVERA
PER RINCORRERE ANCORA INSIEME LE NUVOLE???

OGGI E' PRIMAVERA


domenica 8 maggio 2011

DURO RIENTRO IN RIANIMAZIONE

...E dopo 2 anni di maternità si rientra al lavoro...
tra CV, CVC; CVP, PVC mmHG cmH2O e acronimi vari non c'è tempo nemmeno di scrivere due righe nel blog. Per esempio ora tra un bilancio idrico e uno spalamento di merda mi prendo questi due secondi della mia vita per dire che NUN CE LA POSSO FA'!!

Diciamo che la teoria della vacuità qui non si sposa proprio bene...altro che tutto è vuoto e relativo...Qui la merda c'è e non solo si vede ma si sente anche!

mercoledì 9 febbraio 2011

Giovanni becames Kovido



Cerimonia al Santacittarama di Samanera Kovido, bella esperienza e bel percorso di vita.

giovedì 21 ottobre 2010

Buddismo Theravada

Il Theravada (sanscrito: sthaviravada), letteralmente “l’Insegnamento degli Anziani” è la più antica scuola buddhista sopravvissuta. La scuola Theravada deriva dal gruppo Vibhajjavada che emerse dal gruppo Sthavira al tempo del Terzo Concilio Buddhista (intorno al 250 AC), durante il tempo del Re Ashoka.

Il Theravada promuove la dottrina del Vibhajjavada, letteralmente “l’Insegnamento dell’Analisi”. Secondo questa dottrina la corretta visione, l’insight, deriva dall’esperienza del praticante, dall’analisi critica e dalla ragione, piuttosto che dalla fede cieca; ciononostante, secondo la tradizione delle scritture Thera è anche fondamentale seguire i consigli dei saggi, essendo questi ultimi, insieme alla valutazione delle proprie esperienze, i due “test” per poter giudicare la propria pratica.

Nel Theravada, la causa dell’esistenza umana e della sofferenza (dukkha) viene identificata nel desiderio (tanha), oltre alle altre afflizioni come la rabbia, l’avversione, l’orgoglio, la gelosia, l’invidia, la paura, la passione, l’irritazione, l’ansietà, la distrazione ecc.. Si crede che queste afflizioni siano abitudini che derivano dall’ignoranza (avijja) che oscura la mente di tutti gli esseri non illuminati. Ignoranza di cosa? Delle tre verità di ogni fenomeno samsarico, ovvero sofferenza (dukkha), impermanenza (anicca) e mancanza di sé (anatta). Tutte le cose infatti sono caratterizzate dalla sofferenza e dall’insoddisfazione; persino la realizzazione dei nostri più intimi desideri è destinata ad essere insoddisfacente, proprio perché niente è permanente, persino la più minuta molecola. Tutte le cose inoltre sono senza un sé, ovvero prive di un’esistenza ultima. Gli esseri non illuminati invece prendono le proprie afflizioni come un “sé”, attaccandosi ad esse a causa dell’ignoranza della verità.

Per essere liberi dalla sofferenza e dallo stress queste afflizioni devono essere permanentemente sradicate. Ciò è possibile tramite il Triplice Addestramento nella Moralità (Sila), Concentrazione (Samadhi) e Saggezza (Panna), e la pratica del Nobile Ottuplice Sentiero.


Nobile Ottuplice Sentiero

Primo Nobile Sentiero: Retta Visione

La Retta Visione consiste nella conoscenza, dapprima teoretica, e poi assimilata attraverso la pratica, delle 4 Nobili Verità. Nel Mahasatipattana Sutta, uno dei più importanti discorsi di Buddha Shakyamuni nel Theravada, è scritto: “E cosa è, o monaci, la Retta Visione? Comprendere la sofferenza, comprendere l’origine della sofferenza, comprendere la fine della sofferenza e comprendere la via che conduce all’estinzione della sofferenza: questa è chiamata Retta Visione”

Secondo Nobile Sentiero: Retta Intenzione

Tradotto anche come “retto pensiero”, si riferisce principalmente alla ferma risoluzione di rinunciare al ciclo delle rinascite abbandonando l’avidità, la malevolenza e l’offuscamento mentale. Nel Magga-Vibhanga Sutta è scritto: “E cos’è il Retto Pensiero? Essere risoluti nella rinuncia, nella libertà dalle cattive intenzioni, nell’innoquità: questo è chiamato Retto Pensiero”.

Terzo Nobile Sentiero: Retta Parola

Si tratta di una serie di precetti sull’uso del linguaggio. Bisogna astenersi dal dire il falso per vantaggio proprio o altrui, dal seminare discordia, dal rivolgersi ad altri in modo aggressivo o scortese, dall’intrattenersi su argomenti futili e insulsi (principalmente il gossip). “E cos’è la retta parola? Astenersi dal mentire, astenersi dalla parola che divide, astenersi dalla parola offensiva, astenersi dalle chiacchiere oziose: questa, o monaci, è la Retta Parola”

Quarta Nobile Sentiero: Retta Azione

La Retta Azione, tradotta anche come “retta condotta”, implica il modo corretto in cui il praticante buddhista dovrebbe comportarsi nella propria vita quotidiana. “E cos’è la retta azione? Astenersi dal prendere la vita, dal rubare, e dal rapporto sessuale scorretto. Questa è chiamata Retta Azione”. Il quarto Nobile Sentiero viene spesso spiegato attraverso i Cinque Precetti, voti che il praticante buddhista laico prende:

1- Astenersi dall’uccidere. Include l’essere il mandante di essa o approvarla, l’istigazione al suicidio e l’aborto.

2- Astenersi dal prendere ciò che non ci viene dato

3- Astenersi dal cattivo comportamento sessuale, particolarmente la violenza sessuale e l’adulterio, guardando alle donne non qualificate per il rapporto come madri, sorelle o figlie in base all’età

4- Astenersi dalla menzogna

5- Astenersi dalle sostanze intossicanti (alcol, droghe..)


Quinto Nobile Sentiero: Retta Vita

Tradotta anche come “retti mezzi di sostentamento”, si basa principalmente sul concetto di ahimsa (non violenza), ed essenzialmente afferma che bisogna astenersi da occupazioni che, direttamente o indirettamente, causano danno agli esseri. “Oh Monaci, un praticante laico non dovrebbe impegnarsi in cinque tipi di commerci. Quali cinque? Commercio di armi, commercio di esseri umani, commercio di carne, commercio di intossicanti, commercio di veleni”

Sesto Nobile Sentiero: Retto Sforzo

Il Retto Sforzo, che implica essenzialmente lo sforzo continuato nel mantenere la propria mente libera da quei pensieri che potrebbero ostacolare la pratica degli altri elementi dell’Ottuplice Sentiero, è quella disciplina mentale che opera in quattro direzioni: onde evitare l’insorgere di afflizioni non ancora sorte, abbandonare le afflizioni già sorte, propiziare il sorgere di virtù non ancora sorte e incrementare le virtù già sorte.

Settimo Nobile Sentiero: Retta Consapevolezza

La Retta Consapevolezza è costituita dalla pratica della Vipassana che, insieme alla Concentrazione, è la principale pratica di meditazione nel Theravada. Essa consiste essenzialmente nell’osservazione di tutti i fenomeni che accadono nel corpo e nella mente, ed ha quattro oggetti di osservazione: il corpo, le sensazioni, la mente e i dharma (in questo contesto ci si riferisce ai fenomeni mentali). Grazie alla corretta consapevolezza la mente si purifica dai suoi veli oscuratori, vedendo la vera natura delle cose, insoddisfacente, impermanente e vuota di sé. Grazie a ciò è possibile raggiungere la Liberazione

Ottavo Nobile Sentiero: Retta Concentrazione

Il Buddha spiega la Retta Concentrazione nei termini dei 4 jhana (dhyana in sanscrito). La base da cui è possibile realizzare i jhana è generalmente costituita dall’anapanasati, la concentrazione sul respiro. Prima dei jhana si entra in un pre-stadio caratterizzato dall’abbandono dei Cinque Ostacoli (desiderio sensuale, malevolenza, torpore, agitazione, dubbio). Questo pre-stadio è uno stato instabile dove la mente è concentrata sul proprio oggetto, ma non come nello stato di piena concentrazione (jhana), dove si assiste ad un livello nettamente diversi di consapevolezza, in cui la mente non funziona nel livello sensoriale ordinario. In questo pre-stadio alcuni meditatori possono sperimentare immagini mentali molto vivide simili ai sogni, oppure avere la sensazione che il proprio respiro o il proprio corpo sparisca lasciando pura consapevolezza. Quando questi fenomeni accadono non bisogna esserne interessati o spaventati, ma bisogna continuare la meditazione. Quando si supera questo pre-stadio si entra nei 4 stadi di piena concentrazione (Jhana):

1- Primo Jhana: in questo stadio appare una forma di beatitudine (formata da gioia e felicità). Solo i movimenti mentali più sottili rimangono. L’abilità di creare intenzioni malvagie cessa.

2- Secondo Jhana: in questo stadio i movimenti mentali sottili cessano. Rimane la beatitudine. Cessa anche l’abilità di creare intenzioni positive

3- Terzo Jhana: in questo stadio cessa l’aspetto gioioso della beatitudine, ma rimane comunque uno stato di felicità

4- Quarto Jhana: cessa anche la felicità, entrando in uno stato che non è caratterizzato né dal piacere né dal dolore. E’ uno stato di perfetta purezza e equanimità. Il respiro cessa temporaneamente.
Con il quarto Jhana si dice che incominci l’acquisizione dei poteri paranormali, ma non è questo lo scopo della meditazione. Lo scopo della realizzazione della piena concentrazione è di rinforzare e raffinare la mente, in modo tale da poterla dirigere con chiarezza ai fenomeni realizzandone la natura.


I Livelli di Realizzazione


Attraverso la pratica, i praticanti possono raggiungere 4 livelli di realizzazione, che riflettono il loro stato mentale:

1- L’entrato nella corrente (sotapanna): sono entrati nella corrente del Dhamma, hanno distrutto le prime tre catene (falsa visione del sé, dubbio, attaccamento ai riti e ai rituali), non rinasceranno nei reami inferiori, e al massimo impiegheranno 7 vite per raggiungere la Liberazione.

2- Il ritornato una volta (sakadagami): oltre ad avere eliminate le tre catene hanno anche diminuito l’attaccamento sensuale e l’avversione. Raggiungeranno la Liberazione al massimo dopo essere tornato ancora una volta nel mondo.

3- Il Non Ritornato (anagami): hanno eliminato le cinque catene (falsa visione di sé, dubbio, attaccamento ai riti, attaccamento sensuale, avversione), ma non sono ancora liberi dall’attaccamento ai jhana, da una forma sottile di orgoglio, dall’agitazione e dall’ignoranza. Alla morte loro non rinasceranno in questo mondo, ma in un mondo celestiale dove raggiungeranno la Liberazione

4- Il Liberato (Arahant): coloro che hanno realizzato il Nibbana, lo stato senza morte in cui le afflizioni sono completamente cessate. Il Nibbana si suddivide in quello con “residuo”, quando l’Arahant è ancora vivo, ed ha quindi il residuo dei cinque aggregati (che quindi possono essere il sostrato di forme di sofferenza fisica, ma non mentale), e quello “senza residuo”, dopo la morte.


Scritture

Le scritture sacre del Theravada, il Canone Pali, sono chiamate Tripitaka, in quanto formate da Tre Canestri: il Vinaya Pitaka, il Sutta Pitaka e l’Abhidhamma Pitaka. Il primo tratta delle regole di condotta monastiche, il secondo è l’insieme dei testi che trattano della storia e delle parole del Buddha, e l’ultimo comprende gli insegnamenti più filosofici, psicologici e metafisici. Essi vengono fatti corrispondere ai Tre Addestramenti: il Vinaya alla Moralità (Sila), i Sutta alla Concentrazione (Samadhi), e l’Abhidhamma alla Saggezza (Panna). Secondo l’opinione di buona parte degli studiosi l’Abhidhamma fu aggiunto successivamente in quanto sembra che al Primo Concilio Buddhista erano presenti solo due Pitaka. In ogni caso i primi testi vennero scritti nel primo secolo avanti cristo, essendo tradizione di quei tempi trasmettere gli insegnamenti in modo orale. La porzione dei Sutta e del Vinaya del Tripitaka mostra una sovrapposizione considerevole con l’insieme dei testi usati dalle scuole non-theravada che vanno a formare il Canone Cinese e Tibetano. L’Abhidhamma usato nel Theravada invece non è riconosciuto nel Mahayana. Per contro, i Sutra Mahayana non sono riconosciuti dal Theravada. Nel quinto secolo dopo Cristo fu Buddhaghosha a scrivere il primo commentario al Canone Pali, il Visuddhimagga (il Sentiero della Purificazione).

Un grazie per questo sunto a Marco Scarinci

mercoledì 20 ottobre 2010

ICONOGRAFIA DEL BUDDHA

Sono stata sempre affascinata dalle immagini in cui è ritratto Buddha, esistono 4 posizioni basilari del Buddha:
- Il Buddha in piedi
- Il Buddha seduto
- Il Buddha che cammina
- Il Buddha sdraiato
Le prime tre sono associate alla vita quotidiana del Buddha (insegnamento, meditazione, offerta di un riparo ai discepoli, mentre l'ultima si rifà agli ultimi momenti trascorsi sulla terra, quando raggiunse il nirvana.
Queste posture si associano a posizioni di mani e piedi e creano i comportamenti (mudra)indicanti i temi fondamentali del buddhismo.
Abhaya Buddha è il Buddha in piedi con una mano alzata e simboleggia l'offerta di protezione del Buddha ai suoi seguaci e la liberazione dalle paure.
Bhumisparsa rappresenta il Buddha in posizione seduta con la mano sinistra appoggiata sul grembo e la mano destra appoggiata al suolo, è l'immagine più diffusa e conosciuta. Questa posizione simboleggia un passaggio importante della vita del Buddha, quando l'asceta sedeva in meditazione sotto un albero Bodhi a Bodh Gaya in India, e si rifiutava di muoversi per raggiungere l'illuminazione. Mentre Mara, l'equivalente buddhista di Satana, lo tentava con donne e feste, Buddha toccava la terra, chiedendo alla natura di sostenere la propria determinazione e aiutarlo a resistere. Subito dopo raggiunse l'illuminazione.
Dhyana, entrambe le mani sono appoggiate sul grembo e i palmi sono rivolti verso l'alto, con la mano destra sopra la sinistra: simboleggia la meditazione.
Vitarka o dhammachakka, questo mudra rievoca il primo sermone del Buddha, con il pollice e l'indice di una mano (vitarka) o di entrambe le mani (dhammachakka) si uniscono a cerchio mentre le altre dita sono tese verso l'esterno.
Invocazione della pioggia sui campi di riso, Buddha in piedi con braccia tese lungo i fianchi con i palmi appoggiati sulle cosce .

martedì 5 ottobre 2010

LE OTTO STROFE DELLA TRASFORMAZIONE DEL PENSIERO

1. Poichè sono determinato a ottenere il massimo benessere per tutti gli esseri, che sono superiori alla gemma che esaudisce i desideri avrò costantemente cura di loro che di me stesso.
2. Quando sono in compagnia di altre persone, considererò me stesso come il meno importante, e nel profondo del cuore mi prenderò cura di loro, come se fossero gli esseri più elevati.
3. Esaminando con attenzione la mia mente, in tutte le azioni che compio affronterò ed eliminerò al suo primo apparire ogni difetto mentale, prima che possa nuocere a me stesso e agli altri.
4. Quando devo affrontare un essere malvagio preda di intense sofferenze e gravi mancanze, mi terrò caro un simile individuo, così raro a trovarsi, come se avessi scoperto un prezioso tesoro.
5. Quando altri, dominati dalla gelosia, mi maltrattano, mi insultano e così via, accetterò le loro dure parole e offrirò loro la vittoria.
6. Quando qualcuno che ho aiutato e in cui ho riposto grandi speranze mi infligge un danno estremamente grave, considererò costui il mio supremo maestro spirituale.
7. In breve, offrirò i benefici e la felicità a tutte le madri esseri senzienti, sia in questa vita sia nelle future, e in segreto prenderò su di me ogni male e ogni sofferenze delle mie madri.
8. Inoltre, non avendo contaminato tutto ciò con le inpurità degli otto sentimenti (mondani), e percependo ogni fenomeno come illusorio, privo di attaccamenti mi libererò
dalla schiavitù (dell’esistenza condizionata).

Testo tratto da
 Cambiare la mente, consigli di un maestro spirituale - Ghesce Rabten e Ghesce Dharghie