mercoledì 28 luglio 2010

ACRONIMI NELL'EMERGENZA SANITARIA

In un bel sito di emergenza sanitaria ho scovato alcuni acronimi più conosciuti degli operatori del soccorso e ve li riporto, io molti di questi nn li conoscevo mica...c'è sempre da imparare.


Per ricordare i farmaci che possono essere somministrati nel tubo tracheale: ALAN
A - Adrenalina
L - Lidocaina
A - Atropina
N - Naloxone



Per ricordare il trattamento farmacologico dei pazienti  colpidi da sindrome coronarica acuta: MANO
M - morfina
A - Aspirina
N - Nitroglicerina
O - Ossigeno


Per ricordarsi il posizionamento delle periferiche di un ECG partendo dal braccio sx: GIRONEVE
GIALLO -braccio sinistro
ROSSO - braccio destro
NERO - gamba sinistra
VERDE - gamba destra


Per ricordarsi i principali sintomi delle tachi o bradiaritmie: ODDIO
O - Obnubilamento
D - Dispnea
D - Desaturazione
I - Ipotensione
O - Oliguria


Per ricordare i principali segni dello stroke: FAST
F - Face: chiedere alla vittima di sorridere e valutare la deviazione della rima buccale
A - Arm: chiedere di alzare le braccia e valutare il deficit motorio
S - Speech: chiedere di pronunciare una frase semplice e valutare se riesce a farlo senza difficoltà
T - Time: Valutare i tempi di insorgenza dei sintomi



Per la valutazione del dolore, specialmente quello toracico:OPQRST
O - onset, origine del sintomo
P - pallation provocation, provocato o attenuato da sforzo, riposo, digitopressione, respiro, farmaci
Q . Quality: dolore oppressivo, costrittivo, continuo o intermittente...
R - Radiation. irradiazione del dolore
S -severity, intensità del dolore
T - time, tempo di insorgenza



GAS: GUARDA, ASCOLTA, SENTI
durante la valutazione della respirazione il soccorritore deve guardare l'espansione del torace, ascoltare eventuali rumori respiratori, sentire il flusso dell'aria espirata dal paziente

MOTORE: MOvimenti, TOsse, REspiro: sono i segni di circolo da ricercare, insieme alla valutazione del polso carotideo e della presenza di atti respiratori normali, nel paziente non cosciente in cui si sospetta un arresto cardiorespiratorio.



DOPES: acronimo per verificare il corretto posizionamento del tubo endotracheale. 
Dislocazione del tubo (esofago, intubzione selettiva)
Verificare, ritirare il tubo o reintubare
Ostruzione del tubo (sangue, secrezioni, corpi estranei)
Aspirare
Pneumotorace
Decompressione
Equipaggiamento difettoso
Sostituire l'equipaggiamento e ventilare con BVM
Stomaco pieno di aria
Posizionare un sondino naso o oro-gastrico

mercoledì 21 luglio 2010

OM MANI PADME HUM



Questo è il mantra di Avalokiteshvara, il mantra più recitato e conosciuto anche dai non buddhisti. Può essere recitato per lunghi periodi di tempo, sgranando il mala, il rosario buddhista, durante la vita comune o la meditazione.
Om Mani Padme Hum viene recitato per ottenere la liberazione, quindi la pace e la libertà dalle sofferenze, e si dice che sia così potente che anche un animale sentendolo otterrà una rinascita umana e quindi la possibilità di conoscere il dharma e raggiungere l'illuminazione. Il mantra non ha un significato letterale come frase compiuta, bensì hanno significato le sei sillabe che lo compongono.

Om è composta da tre lettere: A, U e M. Queste simbolizzano il corpo, la parola e la mente impuri del praticante all'inizio del suo sentiero verso la liberazione. Alla fine del sentiero, simbolizzano il corpo, la parola e la mente puri di un Buddha.
Quindi, al tempo stesso, Om indica la possibilità che vi sia una trasformazione dall'impurità alla purezza: il sentiero della liberazione.

Mani, due sillabe, significa "gioiello", simbolizza la bodhicitta, cioè l'intenzione altruista di raggiungere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Padme, due sillabe, significa "loto", simbolizza la saggezza, la conoscenza. La comprensione dell'impermanenza, della vacuità, dell'interdipendenza, la conoscenza che recide ogni illusione e offuscamento. Mani Padme è anche l'epiteto di Avallokitesvara.

Hum chiude il mantra nella perfezione, come pure anche molti mantra, e significa " concedi" la mente onniscente e le realizzazioni, e simbolizza l'indivisibilità di metodo e conoscenza, di compassione e saggezza.

Le sei sillabe del mantra significano che con la pratica di un sentiero che sia l'unione di metodo e saggezza è possibile trasformare corpo, parola e mente impuri nel corpo, nella parola e nella mente puri di un Buddha. La Buddhità, la natura del Buddha, è all'interno di ciascuno di noi così come è all'interno del mantra Om Mani Padme Hum.

La frase intera ha anche il significato di : " O gioiello sul fior di loto, concedimi tutte le realizzazioni" oppure " Concedimi l'ispirazione per ottenere l'unione di metodo e saggezza".

Si racconta che molti anni fa mille prìncipi fecero voto di diventare Buddha. Uno solo riuscì a raggiungere l'illuminazione e divenne il Buddha che noi conosciamo come Gautama Siddharta. Avaloketeshvara tuttavia fece voto di non entrare nel Nirvana fino a quando tutti gli altri prìncipi non fossero diventati loro stessi dei Buddha. Nella sua infinita compassione fece anche voto di liberare tutti gli altri esseri senzienti dalla sofferenza dei vari regni del Samsara. Prima di ciò il Buddha pregò: "Possa aiutare tutti gli esseri ma se mi dovessi stancare di questo enorme lavoro il mio corpo dovrà essere frantumato in mille pezzi".
In primo luogo si dice sia disceso nel regno dell'inferno risalendo gradualmente attraverso il mondo dei fantasmi affamati e più in alto sino al regno degli Dei. Da quel punto gli capitò di guardare in basso e vide stupefatto che, anche se aveva salvato innumerevoli esseri dall'inferno ancora una maggior numero vi si stava riversando. Fu un immenso dolore e per un momento perse la fede nel suo nobile voto ed il suo corpo esplose in mille pezzi. Nella sua disperazione chiamò in aiuto tutti i Buddha. L'aiuto si manifestò e venne da ogni parte dell'universo, come dice un testo, sotto forma di leggera tormenta di fiocchi di neve. Con il loro immenso potere i Buddha lo ricomposero nella sua completezza e da allora Avalokiteshvara ebbe undici teste e mille braccia e sul palmo di ogni mano vi era un occhio a significare quell'insieme di saggezza e nobiltà che contraddistinguono la vera compassione. In questa forma era ancora più splendente e più forte per poter aiutare tutti gli esseri. La sua compassione si sviluppò ancora più intensamente ripetendo questo voto davanti ai Buddha: " Non potrò uscire dal Samsara sino a quando tutti gli esseri senzienti non avranno raggiunto l'illuminazione". Si dice che per il dispiacere ed il dolore del Samsara dai suoi occhi sgorgarono due lacrime, con la benedizione dei Buddha si trasformarono in due Tara. Una Tara nella forma verde che rappresenta la forza attiva della compassione e l'altra Tara nella forma bianca che rappresenta l'aspetto materno della compassione. Tara significa "Colei che libera - Colei che ci accompagna attraverso l'oceano del Samsara".
Nel Mahayana Sutra vi è scritto che Avaloketeshvara ha donato il suo Mantra al Buddha e Buddha, a sua volta, gli ha assegnato il suo speciale e nobile incarico di aiutare tutti gli esseri dell'universo a raggiungere l'illuminazione. In quel momento su di loro discesero fiori, la terra tremò e nell'aria echeggiò il Mantra "OM MANI PADME HUM".

LA DOCUMENTAZIONE INFERMIERISTICA



Oggi, quando si parla di documentazione infermieristica, ci si riferisce principalmente alla cartella infermieristica.
Infatti secondo la definizione di Rodriguez  la documentazione infermieristica che entra a far parte della cartella clinica (ovvero la cartella infermieristica) è la rappresentazione in forma scritta degli atti compiuti dagli infermieri in relazione ad una determinata persona, dei rilievi effettuati sulla medesima, delle informazioni raccolte, nonché dei dati di carattere progettuale inerenti la pianificazione dell’intervento assistenziale di competenza infermieristica e delle connesse valutazioni.
La documentazione è importante per:
Definire gli aspetti centrali dell’assistenza infermieristica;
Contribuire alla qualità dell’assistenza;
Contribuire alla trasparenza del trattamento sanitario;
Differenziare le responsabilità;
Fornire i criteri per la revisione e la valutazione dell’assistenza;
Fornire i criteri per la classificazione dei clienti;
Fornire dati per revisioni amministrative o legali;
 Aderire agli standard previsti dalla legislazione o dall’accreditamento;
Fornire dati ai fini di ricerca e sperimentazione.
Il contenuto della cartella infermieristica varia in funzione delle singole realtà operative
e dei loro profili organizzativi. In linea generale le informazioni da riportare nella
documentazione corrispondono alle funzioni contemplate dal DM n. 739/94
Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo
professionale dell’infermiere.

L’evoluzione dell’assistenza, l’affermazione di una maggior centralità della persona nel percorso di cura, l’affermazione del nursing come disciplina autonoma, fanno si che l’infermiere sia sempre più consapevole del ragionamento diagnostico che lo porta ad identificare i problemi della persona, ad ipotizzare un percorso di risoluzione per il bisogno assistenziale e della gestione dell’assistenza del paziente.
La cartella infermieristica è, unitamente alla documentazione medica, parte integrante della cartella clinica che, come definito nel Manuale della Cartella Clinica della Regione Lombardia, è “la raccolta organica e funzionale dei dati attinenti ai singoli casi di ricovero quali, ad esempio, (...) la documentazione dei professionisti sanitari non medici”.
Documentazione infermieristica e documentazione clinica sono dunque due realtà integrate in funzione del fine comune della tutela della salute della persona e della collettività.
L’inquadramento giuridico della cartella infermieristica non è impresa semplice in quanto non esiste una norma specifica che regoli tale documento in modo dettagliato, ma essendo assimilata alla cartella clinica è considerata a tutti gli effetti atto pubblico redatto da pubblico ufficiale.
La nozione  e l’efficacia di atto pubblico sono descritte negli articoli 2699 e 2700 del codice civile come “il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato” e che “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Anche la documentazione infermieristica, essendo parte integrante della cartella clinica, deve assicurare il rispetto dei requisiti richiesti per gli atti pubblici. Tali requisiti si suddividono in sostanziali e formali.
I requisiti sostanziali sono: Veridicità, completezza e precisione, chiarezza e tempestività.
I requisiti formali sono:
Ø  Indicazione del luogo in cui si svolgono gli accertamenti;
Ø  Indicazione della data, ora dell’accertamento;
Ø  Precisazione del nome, cognome e firma di chi esegue le annotazioni;
Ø  Precisazione sulla fonte delle informazioni raccolte circa la storia e i bisogni attuali dell’assistito;
Ø  Intelligibilità della grafia;
Ø  Accorgimenti e cautele in caso di necessità di correzioni di errori materiali.

Alcune regole per una corretta compilazione della documentazione possono essere:
v  Riportare sempre nome, cognome dell’utente, nonché la data che include giorno, mese, anno e ora per tutte le registrazioni;
v  Utilizzare inchiostro indelebile e avere una grafia chiara e comprensibile;
v  Usare un linguaggio e una terminologia tecnica corretta e verificata;
v  Usare simboli e abbreviazioni purché concordati e note da tutto il team sanitario, prevedendo una legenda consultabile;
v  Compilare la documentazione per se stessi, mai per conto degli altri, assumendosi la responsabilità delle proprie registrazioni;
v  Non inserire opinioni personali;
v  Non strappare pagine ne usare scolorine o bianchetti, ma correggere l’errore tracciandovi sopra una linea in modo che sia leggibile e scrivendo la correzione di seguito;
v  Non aggiungere informazioni dimenticate utilizzando spazi ristretti;
v  Non lasciare spazi vuoti tra una registrazione e l’altra;
v  Firmare in modo leggibile,  l’uso di sigle è consentito solo se le stesse sono depositate.
(Stralcio tratto dalla mia tesi per coordinamento)



lunedì 19 luglio 2010

EMOGASANALISI...QUESTA SCONOSCIUTA 2

Sicuramente per lunghi decenni l’argomento è stato presentato allo studio dei profani in modo così complesso ed ostico da scoraggiare spesso anche i più volenterosi.
La introduzione del “logaritmo” e del “pK” nell’equazione di Henderson-Hasselbach disorienta e spaventa chiunque non abbia già dimestichezza con queste grandezze, tanto da scoraggiare qualsiasi tipo di approccio. Nella pratica clinica di tutti i giorni e soprattutto nell'ambito dell'urgenza necessita un approccio per alcuni aspettisemplicistico, tuttavia corretto ed immediato.
L’organismo umano, per effetto del suo metabolismo, produce acidi in continuazione; anzi molti alimenti e bevande che comunemente usiamo sono forieri di acidi, e quindi di idrogenioni (H+); persino la soluzione “fisiologica” è fortemente acida!.
. L’organismo si difende contro le variazioni della concentrazione idrogenionica con i sistemi “tampone”, che, anche se immediati nell’intervento, costituiscono una fonte limitata ed esauribile (circa 2400mMoli). I polmoni intervengono nel giro di pochi minuti; i reni nel giro di diverse ore e completano il loro intervento solo dopo due o tre giorni.
Il pH normale è 7,40 ed oscilla tra 7,35 e 7,45; al di sotto di questi valori andiamo in acidemia, al di sopra in alcalemia. Valori che superano il 7,80 o scendono al di sotto di 6,80 costituiscono un pericolo “mortale”.
 il pH è sostanzialmente dato dal rapporto tra l’attività del rene e l’attività del polmone ( pH = pK + log [HCO3-] / [H2CO3]), ovvero tra la componente metabolica (lenta) e la componente respiratoria (rapida).
Infatti l’H2CO3 non è altro che CO2 sciolta in acqua.
Se però andiamo a riprendere la prima intuizione di Henderson, risalente al 1909, vediamo come essa risulti essere molto più semplice perché al posto del pH si prende in considerazione la concentrazione idrogenionica, che di fatto costituisce il vero problema: [H+] = K x [H2CO3] / [HCO3-]; maggiore è la [H+], maggiore sarà l’acidità; minore è la [H+] minore l’acidità. Il rapporto tra [H+] e acidità diventadiretto e lineare. La concentrazione idrogenionica, e quindi il grado di acidità di una soluzione dipende dal rapporto tra la funzione polmonare e quella metabolica, CO2/HCO3-. Questo concetto è forse più immediato. Infatti più CO2 viene trattenuta,più elevata sarà la [H+] e di conseguenza l’acidemia.

Come approcciarsi alla lettura di un’EGA?
Una lettura cosiddetta “a tappe” può costituire quel giusto metodo per unapproccio semplice, rapido e globale.
Al I step troviamo l’O2
Al primo gradino troviamo la pressione parziale di ossigeno (PaO2). E’ la prima informazione da ricercare perché di ipossia si muore anche in tempi brevi e perché può spiegarci alcuni disturbi dell’equilibrio acido-base. Inoltre ci consente di stabilire in tempi brevissimi, come già accennato in precedenza, un valore di relativa sicurezza che è rappresentato da una PaO2 superiore ai 60 mmHg. Inoltre possiamo derivarne importante informazioni circa lo scambio gassoso del paziente calcolando P/F (PaO2/FiO2) e D(A-a)O2. Il
rapporto P/F che nel soggetto normale che respira in aria ambiente ha un valore superiore a 450, costituisce un indicatore rapido, ma efficace, e cosolidato dalla letteratura, dello scambio intrapolmonare dei gas. Esso infatti, correlando la FiO2, cioè la percentuale di ossigeno inspirata dal paziente, alla risposta in termini di PaO2, consente di evidenziare l'entità dell'effetto shunt intrapolmonare. Analogamente, e per gli stessi motivi,
questo indice può essere utilizzato per monitorare l'efficacia del trattamento ventilatorio e la risposta del paziente ad esso: una PaO2 di 90 mmHg può essere del tutto normale in un paziente che respira in aria ambiente, ma indica uno scambio intrapolmonare del tutto insufficiente se il paziente è assistito con una FiO2 elevata.
La formula per il calcolo della D(A-a)O2 è la seguente: [(760-47) X FiO2] -(PaCO2/0,8) - PaO2. Nel paziente che respira in aria ambiente la suddetta formula può essere così semplificata: 150 - (PaCO2/0,8) - PaO2, e, a grandi linee corrisponde alla formula mnemonica: (età : 4) + 4. Il valore normale di tale indice in aria ambiente è di10-15; valori superiori a 20 indicano l'esistenza di un deficit dello scambio intrapolmonare di O2, mentre valori superiori a 50 sono suggestivi di una grave disfunzione polmonare. L'uso di questo indice non gode degli stessi riscontri in letteratura del P/F; tuttavia, comprendendo nel calcolo il fattore PaCO2, può
costituire un utile ausilio nello screening iniziale di quelle situazioni, come l'embolia polmonare, che si accompagnano ad una sua riduzione. Esso diviene meno attendibile, invece, laddove concomiti ipercapnia.

Al II step troviamo il pH
Sarebbe tutto più lineare se trovassimo la concentrazione idrogenionica, ma per il momento le apparecchiature ci forniscono il pH e pertanto bisogna saper interpretare tale parametro. Il pH ci dice immediatamente se il nostro pz ha una acidemia oppure una alcalemia e costituisce sicuramente l’indicatore più forte dello stato di gravità del nostro pz. La sua lettura ci permette dunque di definire senza nessuna difficoltà la natura del disturbo primitivo.

Al III step troviamo la PaCO2
Il livello della PaCO2 ci permette: 
1.di capire quanto e come ventila il nostro pz(visto che PaCO2 e ventilazione sono inversamente correlate); 
2. di definire prontamente se il disturbo primitivo (responsabile della acidemia o alcalemia) è o meno
respiratorio (acidosi o alcalosi respiratoria).

Al IV step troviamo i bicarbonati (HCO3-)
Quantizzare la riserva alcalina significa poter meglio definire il tipo di disturbo primitivo, qualora la PaCO2 non sia risultata dirimente, (acidosi o alcalosi metabolica).Ma è solo la integrazione dei due dati (PaCO2 e HCO3-) che ci permette di salirel’ultimo gradino della nostra scaletta.

EMOGASANALISI...QUESTA SCONOSCIUTA

Molto spesso, la domanda che gli allievi infermieri pongono più frequentemente  è: "Come si legge un'emogasanalisi??
 Innanzitutto c'è da dire che la pratica dell'EGA è storia recente per l'infermiere, l'abrogazione del mansionario in un primo momento ha creato molti dubbi su quello che l'infermiere poteva e non poteva eseguire. Il parere in merito alla possibilità di eseguire un prelievo arterioso, emanato nella seduta del 23 giugno 2005, nasce da una relazione inviata dall’ “Azienda Sanitaria Locale Latina. Presidio Ospedaliero Nord, UOC di Pneumologia”, con la quale la stessa UOC richiedeva alla Direzione Generale delle Risorse Umane e delle Professioni Sanitarie un parere sul “prelievo emogasanalitico da parte dell’infermiere”. La Direzione in questione inoltrava la richiesta al Consiglio Superiore di Sanità che è organo consultivo del Ministero della Salute.
Il CSS, oltre ad auspicare una omologazione a livello nazionale delle situazioni, esprime parere favorevole all’effettuazione del prelievo arterioso dall’arteria radiale per EGA da parte dell’infermiere, sia in ospedale che in ambulatorio e nell’espletamento di assistenza domiciliare integrata, a condizione che:
l’infermiere ne abbia acquisito la completa competenza secondo le modalità definite dalle vigenti normative;
sia prevista sempre l’esistenza, nella UO o nella struttura sanitaria di riferimento, di un protocollo operativo correttamente redatto, condiviso ed approvato, che sia in grado di: assicurare la buona pratica di tecnica del prelievo arterioso dall’arteria radiale per EGA; garantire l’adozione di ogni utile misura di prevenzione delle complicanze e del necessario trattamento nonché la tempestiva gestione dei rischi connessi.
L'esame consiste in un prelievo arterioso effettuato a livello di polso arterioso (arteria radiale, arteria femorale, arteria brachiale). L'emogas analisi è indispensabile per la diagnosi di insufficienza respiratoria, per valutarne la gravità e seguirne il decorso durante la terapia. L'indagine emogasanalitica è utile anche nella valutazione dei diversi meccanismi fisiopatologici dell' insufficienza respiratoria: l'aumento della pCO2 è infatti espressione di ipoventilazione alveolare.
Permette di misurare i valori di:
  • emoglobina (Hb)
  • ioni idrogeno
  • pO2 60-100 mmHg
  • pCO2 40 mmHg
  • pH 7,35-7,45
Da questi valori, l'analizzatore è poi in grado di estrapolare automaticamente la concentrazione dei bicarbonati nel plasma (normalmente HCO3=21-25 mmol/L), la concentrazione dell'anidride carbonica totale del plasma (TCO2=22-26 mmol/L), la saturazione in ossigeno (SAT=95-99%) e il contenuto totale di O2 nel sangue (O2CT=15-23 vol%).
...continua








venerdì 16 luglio 2010

Il Buddha della Medicina

buddhadellamedicina


Il Buddha della Medicina viene chiamato in tibetano Sanghs-rghie-sman-la (pr.: Sanghye Men La) dove Sanghye è il termine usato per indicare un Buddha, mentre Men La significa guaritore, medico, colui che guarisce. In sanscrito egli viene chiamato «Bhaysaya Guru», che significa proprio «Sviluppatore di guarigione».
Egli è detto anche il «Sovrano dell'acquamarina»: blu è il colore della luce dell'acquamarina e blu è il colore del Buddha della Medicina, che in questo caso corrisponde al colore della guarigione. E siccome il Buddha è completamente guarito, ossia non c'è ombra di malattia nella sua mente, nel suo corpo, nella sua parola, in quanto è un essere Illuminato, egli è appunto chiamato «Signore della luce acquamarina».
Il Buddha della Medicina è chiamato anche «la pura sorgente del lapislazzulo o dell'acqua marina» per indicare proprio la sua natura di pura sorgente di luce.
Uno degli impegni fondamentali presi dal Buddha della Medicina è stato quello di aiutare in modo preciso, senza nessun ordine di dubbio, tutte le persone che reciteranno il suo nome e seguiranno i suoi insegnamenti per la guarigione di se stessi e degli altri nel modo più completo. Questa guarigione potrà estrinsecarsi non solo nel senso della guarigione da una malattia, ma anche, per esempio, nel non far patire situazioni economiche pesanti.
Quando si parla del Buddha della Medicina non si vuole quindi indicare un fenomeno in particolare, ma una «pura essenza» che può essere vissuta da ciascuno: egli rappresenta un livello di illuminazione di totale guarigione e benessere ed è fondamentale capire e meditare profondamente su questo punto.
Secondo la mitologia buddista fu Buddha Shakyamuni a insegnare la medicina nell'attuale ciclo di tempo, nel luogo chiamato Danaduk, il paradiso mistico della medicina: egli insegnò diverse opere mediche (la più importante è quella de «I Quattro Tantra») a vari dei, buddisti e non, ma solo un discepolo, Yi.lay.kyè, comprese interamente l'insegnamento e lo registrò in 5900 versi con inchiostro di lapislazzuli su fogli di oro puro, che le dakini conservarono nel loro palazzo di Uddiyana.
Astrologicamente il giorno del Buddha della Medicina è l'ottavo giorno del mese lunare, e in tale giorno il potere è particolarmente forte.

CHI ERA BUDDHA - un racconto ironico e simpatico

Tratto da  caztumai.splinder.com

La parola Buddha significa "il Risvegliato" o "l'illuminato" tanto per cominciare.
Il Sig. Buddha in realtà si chiamava Siddharta Gautama, nacque nel 566 a.c. e morì a 80 anni nel 486 a.c. nel Nepal meridionale.
La leggenda narra che Buddha sia nato non come tutte le persone normali, sia mai!
Già QUANDO FU CONCEPITO: la mamma (che forse quella sera aveva mangiato pesante) sognò che un elefante bianco, senza farle male le penetrasse in un fianco (giusto in sogno).
Quando NACQUE: non nacque dal solito posto, figuriamoci! Bensì balzò dal fianco della madre, fece 7 passi e disse: "Io sono nato per conseguire il risveglio (bodhi) per il bene del mondo; e questa è la mia ultima nascita"
Io quando sono nata mi hanno cacciato 4 schiaffi nel culo e frignavo come un'ossessa, di sfornare discorsi articolati non se ne parlava certo, al massimo avrò pensato: "ma dove c... sono finita".



Il Buddhabambino cresce, e diventa Buddhamarito e Buddhababbo, finchè un giorno alla tenera età di 30 anni decide di uscire dalle mura del palazzo (direi che poteva anche essere ora), e sai come succede a girare per la strada...qualcuno s'incontra sempre. Infatti.
Incontra:
UN VECCHIO, UN MALATO E UN CADAVERE. Non potendo giocare a Beccaccino a causa delle "avverse condizioni" gli partì la prima lampadina a due candele e giurò; così di punto e in bianco che sarebbe andato in cerca della liberazione dal mondo della sofferenza... bravo, una passeggiata!
Appunto il Buddha diventa errante! Nonstante il suo babbo re glielo sconsigliasse vivamene. Ma lui niente! Zuccone come pochi si da subito ai digiuni e alle mortificazioni di se, quando si accorse che stava per tirare i zampetti, gli si accese un'altra lampadina da 40 candele circa e capì che non era la strada buona per la salvezza.
E' risaputo, la verità stà nel mezzo... o giù di li, e anche Buddha cambia strada e inizia a percorrere il "Sentiero di mezzo" una roba decisamente più moderata, una forma di disciplina che evita gli estremi, tanto dell'indulgenza verso sè quanto della mortificazione di sè. E qui le lampadine accese cominciano a farsi parecchie.
Tanto che a forza di girare, si ferma ai piedi dell' Albero del Bodhi, per gli amici l'albero del risveglio e si piazza li fermo in meditazione in un ultimo disperato tentativo di guadagnarsi la libertà dalla morte e dalla rinascita.
Ed eccolo là! Entra in gioco il cattivo, che detto tra noi come si poteva chiamare? MARA sto qua che avendo tanti figli, sapeva bene la capacità distruttiva che sono in grado di mettere in campo quando ci si mettono, e così  glieli sguinzaglia tutti contro: manda le figlie a sedurlo e i figli a terrorizzarlo.
Ma il nostro Siddarta non cede, medita e si scorda pure di mangiare, si mette a piovere e nemmeno se ne accorge, perfino un cobra ha pietà di lui e gli si pone sopra riparandolo un po' alla meglio che poteva. Fatto sta che all'ultimo tentativo, eccola là arriva l'illuminazione! E si ritrova a saperne a pacchi del Dharma (VERITA' o LEGGE) dell'esistenza umana. Grazie a questa scoperta diventa a pieno titolo un Buddha (risvegliato).
Dopo di che sparge un po' la voce in giro agli amici, vagabonda per l'India settentrionale e predica il Dharma, poi va nella città di Kusinagar fa un ultimo discorso del tipo "Cittadini...ecc", si sdraia tra due alberi e muore.
Frai ben informati del luogo, si vocifera che conseguì il "Nirvana finale", e non dovette più rinascere.
La vita di una persona è costituita da una lunga serie di azioni (KARMA) accumulate nel corso di molte esistenze... un po' come una raccolta a punti, se sei stato bravo ti reincarni nella media borghesia, altrimenti la solita vita di stenti e sacrifici!
Dopo la morte, il corpo del Buddha secondo le sue volontà, fu cremato e le ceneri distribuite come reliquie e conservati in tumuli funerari detti STUPA.
POSTILLA:
Buddha non era considerato un dio, o un essere soprannaturale, bensì un uomo che aveva saputo trovare la risposta ai più profondi dilemmi della vita umana e che aveva messo a disposizione degli altri tale risposta. Senza il bisongo di fondarsi sul concetto di un dio creatore.


Dopo la morte de Buddha si ebbero molte correnti e molte scissioni, la più famosa giunta a noi oggi è la stirpe dei GELUKPA  che alla fine creò il DALAI LAMA che significa letteralmente MAESTRO DELL'OCEANO che Oceano è l'abbreviazione di OCEANO DI SAGGEZZA.
I Buddhisti, oggi oltre a seguire le regole del Buddha che dovrebbero in soldoni essere le dritte per interrompere il processo di morte e rinascita e così la sofferenza, però in aggiunta a tutto questo (che so, se mai non bastasse) non disdegnano anche il potere di spiriti e divinità locali.