lunedì 19 luglio 2010

EMOGASANALISI...QUESTA SCONOSCIUTA 2

Sicuramente per lunghi decenni l’argomento è stato presentato allo studio dei profani in modo così complesso ed ostico da scoraggiare spesso anche i più volenterosi.
La introduzione del “logaritmo” e del “pK” nell’equazione di Henderson-Hasselbach disorienta e spaventa chiunque non abbia già dimestichezza con queste grandezze, tanto da scoraggiare qualsiasi tipo di approccio. Nella pratica clinica di tutti i giorni e soprattutto nell'ambito dell'urgenza necessita un approccio per alcuni aspettisemplicistico, tuttavia corretto ed immediato.
L’organismo umano, per effetto del suo metabolismo, produce acidi in continuazione; anzi molti alimenti e bevande che comunemente usiamo sono forieri di acidi, e quindi di idrogenioni (H+); persino la soluzione “fisiologica” è fortemente acida!.
. L’organismo si difende contro le variazioni della concentrazione idrogenionica con i sistemi “tampone”, che, anche se immediati nell’intervento, costituiscono una fonte limitata ed esauribile (circa 2400mMoli). I polmoni intervengono nel giro di pochi minuti; i reni nel giro di diverse ore e completano il loro intervento solo dopo due o tre giorni.
Il pH normale è 7,40 ed oscilla tra 7,35 e 7,45; al di sotto di questi valori andiamo in acidemia, al di sopra in alcalemia. Valori che superano il 7,80 o scendono al di sotto di 6,80 costituiscono un pericolo “mortale”.
 il pH è sostanzialmente dato dal rapporto tra l’attività del rene e l’attività del polmone ( pH = pK + log [HCO3-] / [H2CO3]), ovvero tra la componente metabolica (lenta) e la componente respiratoria (rapida).
Infatti l’H2CO3 non è altro che CO2 sciolta in acqua.
Se però andiamo a riprendere la prima intuizione di Henderson, risalente al 1909, vediamo come essa risulti essere molto più semplice perché al posto del pH si prende in considerazione la concentrazione idrogenionica, che di fatto costituisce il vero problema: [H+] = K x [H2CO3] / [HCO3-]; maggiore è la [H+], maggiore sarà l’acidità; minore è la [H+] minore l’acidità. Il rapporto tra [H+] e acidità diventadiretto e lineare. La concentrazione idrogenionica, e quindi il grado di acidità di una soluzione dipende dal rapporto tra la funzione polmonare e quella metabolica, CO2/HCO3-. Questo concetto è forse più immediato. Infatti più CO2 viene trattenuta,più elevata sarà la [H+] e di conseguenza l’acidemia.

Come approcciarsi alla lettura di un’EGA?
Una lettura cosiddetta “a tappe” può costituire quel giusto metodo per unapproccio semplice, rapido e globale.
Al I step troviamo l’O2
Al primo gradino troviamo la pressione parziale di ossigeno (PaO2). E’ la prima informazione da ricercare perché di ipossia si muore anche in tempi brevi e perché può spiegarci alcuni disturbi dell’equilibrio acido-base. Inoltre ci consente di stabilire in tempi brevissimi, come già accennato in precedenza, un valore di relativa sicurezza che è rappresentato da una PaO2 superiore ai 60 mmHg. Inoltre possiamo derivarne importante informazioni circa lo scambio gassoso del paziente calcolando P/F (PaO2/FiO2) e D(A-a)O2. Il
rapporto P/F che nel soggetto normale che respira in aria ambiente ha un valore superiore a 450, costituisce un indicatore rapido, ma efficace, e cosolidato dalla letteratura, dello scambio intrapolmonare dei gas. Esso infatti, correlando la FiO2, cioè la percentuale di ossigeno inspirata dal paziente, alla risposta in termini di PaO2, consente di evidenziare l'entità dell'effetto shunt intrapolmonare. Analogamente, e per gli stessi motivi,
questo indice può essere utilizzato per monitorare l'efficacia del trattamento ventilatorio e la risposta del paziente ad esso: una PaO2 di 90 mmHg può essere del tutto normale in un paziente che respira in aria ambiente, ma indica uno scambio intrapolmonare del tutto insufficiente se il paziente è assistito con una FiO2 elevata.
La formula per il calcolo della D(A-a)O2 è la seguente: [(760-47) X FiO2] -(PaCO2/0,8) - PaO2. Nel paziente che respira in aria ambiente la suddetta formula può essere così semplificata: 150 - (PaCO2/0,8) - PaO2, e, a grandi linee corrisponde alla formula mnemonica: (età : 4) + 4. Il valore normale di tale indice in aria ambiente è di10-15; valori superiori a 20 indicano l'esistenza di un deficit dello scambio intrapolmonare di O2, mentre valori superiori a 50 sono suggestivi di una grave disfunzione polmonare. L'uso di questo indice non gode degli stessi riscontri in letteratura del P/F; tuttavia, comprendendo nel calcolo il fattore PaCO2, può
costituire un utile ausilio nello screening iniziale di quelle situazioni, come l'embolia polmonare, che si accompagnano ad una sua riduzione. Esso diviene meno attendibile, invece, laddove concomiti ipercapnia.

Al II step troviamo il pH
Sarebbe tutto più lineare se trovassimo la concentrazione idrogenionica, ma per il momento le apparecchiature ci forniscono il pH e pertanto bisogna saper interpretare tale parametro. Il pH ci dice immediatamente se il nostro pz ha una acidemia oppure una alcalemia e costituisce sicuramente l’indicatore più forte dello stato di gravità del nostro pz. La sua lettura ci permette dunque di definire senza nessuna difficoltà la natura del disturbo primitivo.

Al III step troviamo la PaCO2
Il livello della PaCO2 ci permette: 
1.di capire quanto e come ventila il nostro pz(visto che PaCO2 e ventilazione sono inversamente correlate); 
2. di definire prontamente se il disturbo primitivo (responsabile della acidemia o alcalemia) è o meno
respiratorio (acidosi o alcalosi respiratoria).

Al IV step troviamo i bicarbonati (HCO3-)
Quantizzare la riserva alcalina significa poter meglio definire il tipo di disturbo primitivo, qualora la PaCO2 non sia risultata dirimente, (acidosi o alcalosi metabolica).Ma è solo la integrazione dei due dati (PaCO2 e HCO3-) che ci permette di salirel’ultimo gradino della nostra scaletta.

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